Ora Marine Le Pen «chiama» Giorgia Meloni: «Unirsi, occasione imperdibile»

Marine Le Pen, 55 anni, sabato a Lillers, paese a tre ore da Parigi nella Francia del Nord

DAL NOSTRO INVIATO
LILLERS (Pas-de-Calais) Tra un selfie con i bambini e un sorriso al camion della rosticceria, al mercato del sabato mattina di Lillers, 10 mila abitanti nella Francia del Nord, Marine Le Pen si estranea per un istante dalla folla che la acclama e la contesta per rivolgere un invito mai così chiaro a Giorgia Meloni: «È il momento di unirci. Non possiamo lasciarci sfuggire un’occasione simile».

È una mattinata complicata vicino al confine con il Belgio: due ore di attenzioni alla gente del posto, di fotografie e baci soffiati, di ascolto a chi chiede una mano per trovare un lavoro; e comunque un occhio rivolto allo scenario globale, alle elezioni del 9 giugno e a possibili nuovi equilibri in Europa.

La leader del Rassemblement national percorre a fatica le bancarelle perché la folla la acclama e la contesta. «Marine président!», «Marine sei bella!», gridano i militanti Rn, e anche cittadini comuni la salutano, in strada o affacciati alle finestre, come in un giorno di festa di paese; «Le Pen vattene!», urlano gli altri, attivisti della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ma non solo. I due gruppi quasi vengono alle mani, «Sono un operaio», grida un cinquantenne di sinistra, «Anche io!», risponde un ragazzo con la spilla tricolore del Rn, attaccando poi a pieni polmoni la Marsigliese per coprire il Canto dei Partigiani.

Queste due France che si detestano e si insultano — «Siete solo dei ratti!» da una parte, «Idioti fascisti» dall’altra — spaccano in due anche il nome di Marine Le Pen, mai pronunciato intero. Solo «Marine» per chi la ama, le dà in braccio i neonati, le grida «Marine ti amiamo!», come fa un anziano motociclista con le borchie, o «Marine! Vieni a vedere i miei pomodori!», come fa il fruttivendolo. Per i contestatori invece è e resterà sempre solo «una Le Pen», cognome sinistro per sempre legato al padre fondatore Jean-Marie. Lei prende gusto al bagno di folla, anche perché più i contestatori gridano e più i suoi fan, che sono in maggioranza, la esaltano e la difendono. 

Lillers ha sempre votato comunista ma potrebbe passare al Rn alle prossime Municipali, come ha fatto già dieci anni fa Hénin-Beaumont, dove la sera prima lei e il capolista alle Europee Jordan Bardella hanno tenuto un grande comizio. Hénin-Beaumont è la loro roccaforte, il simbolo del radicamento nel Nord popolare «abbandonato dalla sinistra delle élite», come dicono quelli del Rn. Nella piazza di Lillers, in bilico tra tradizione operaia e difficile presente deindustrializzato, tra i palazzi di mattoni rossi c’è l’ex «Cooperativa La Fourmi fondata nel 1895» che oggi ospita il negozio Thelliez «specialista in mobili cinesi».

L’entusiasmo per «Marine» trattata come una star sulla Croisette ha forse qualcosa a che fare con il suo prendersi la briga di venirci, qui, a tre ore d’auto da Parigi. L’ultima apparizione di un politico importante è stata due anni fa, quando il ministro Darmanin partecipò ai funerali di una bambina originaria del posto, Lola, 12 anni, violentata, torturata e uccisa a Parigi da una ragazza algerina irregolare in attesa di espulsione. Un’atrocità che per settimane occupò le cronache in Francia e in Europa, e dalla quale il padre di Lola, morto nel febbraio scorso, non si è mai ripreso. Anche per questo uno degli slogan più gridati al mercato è «Clandestini negli aerei, canaglie in prigione», mentre i contestatori gridano «Razzisti!».

Sotto agli slogan, facendosi sentire a fatica, Marine Le Pen parla con i pochi cronisti, si dice «commossa per l’affetto» e non si scompone per la contestazione, «da una parte ci sono francesi rispettosi della democrazia, e dall’altra una minoranza di estrema sinistra, violenta come sempre». Poi accetta di parlare di Europa.

Che cosa pensa delle avances sempre più aperte della presidente della Commissione Ursula von der Leyen a Giorgia Meloni? E lei collaborerebbe con una destra allargata guidata da von der Leyen?
«La presidente della Commissione sa che il suo tempo è finito e cerca di comprare voti. Ma per quel che ci riguarda mai, ripeto mai voteremo per Ursula von der Leyen, che ha condotto una politica disastrosa per i popoli europei. È arrivato il tempo di chiudere definitivamente il suo mandato tossico».

E che cosa si sente di dire a Meloni?
«Penso che io e lei siamo d’accordo sulle questioni essenziali, tra le quali c’è il riprendere controllo dei nostri rispettivi Paesi. Poi sono i popoli che decidono, questo dobbiamo sempre ricordarlo. Ma adesso è il momento di unirsi, sarebbe davvero utile. Se ci riusciamo possiamo diventare il secondo gruppo del Parlamento europeo. Penso che un’occasione così non dobbiamo lasciarcela sfuggire».

Ora che ha tagliato i ponti con la AfD tedesca e i suoi eccessi, sarà più facile allargare le collaborazioni in Europa? La presa di distanze sua e di Salvini dalla AfD serve anche a questo?
«No, non abbiamo rotto i rapporti perché serviva a questo, non era una mossa strumentale. Semplicemente non era più possibile andare avanti con la AfD, e a un certo punto, quando non è più possibile, bisogna dire stop».

Un ultimo saluto alla folla, poi Marine Le Pen sale sulla Peugeot, la visita è finita, i due campi si disperdono. Restano due settimane per trasformare in realtà le previsioni dei sondaggi (Rn largamente vittorioso), e per pensare alle alleanze del dopo.

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25 maggio 2024