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Falsi cibi sani: 5 alimenti (molto comuni) che crediamo ci facciano bene, ma non è così

Pensavate che quella barretta proteica fosse sana? Ricredetevi! Una nutrizionista ci aiuta a riconoscere i "falsi amici" della nostra alimentazione
falsi cibi sani
Portrait of young woman with bottle of orange juice standing in front of blue wallWestend61

Come smascherare i falsi cibi sani? Quelli che crediamo ci facciano bene ma non è così? Ce lo spiega una nutrizionista. Ecco i 5 tra i più comuni

Succede ormai con cadenza quasi settimanale che un nuovo studio annunci i "benefici per la salute" di alimenti che, in realtà, non fanno poi così bene. Un esempio recente è quello che attribuisce ai succhi di frutta contenenti solo zuccheri naturali il merito di favorire, se bevuti in quantità moderate, riduzioni piccole ma significative della pressione sanguigna. Ne sono seguiti titoli di giornali che descrivevano i succhi di frutta come i migliori alleati contro l'ipertensione, proclami che, se presi alla lettera, risultano purtroppo fuorvianti.

Basta parlare con qualsiasi nutrizionista o esperto di salute, infatti, per scoprire che i succhi di frutta, anche quando non contengono additivi o zuccheri aggiunti, non sono salutari come si potrebbe pensare. Naturalmente, i succhi totalmente naturali (soprattutto a basso indice glicemico, come quelli a base di frutti di bosco) possono avere effetti benefici sulla nostra salute, e tuttavia, se si prepara, ad esempio, un frullato, è sempre meglio aggiungere alla frutta un po' di verdura, per aumentare l'apporto di fibre e prevenire picchi glicemici estremi. In ogni caso, la maggior parte di noi non beve succhi o frullati fatti in casa, ma tende ad acquistare quelli venduti nei supermercati.

Effetto “alone salutistico”

Ovviamente, non si tratta solo dei succhi di frutta. Molti altri alimenti acquistabili in negozio sono ora considerati ultra-lavorati (UPF, “ultra-processed food”), nonostante siano confezionati con etichette che ne sottolineano i benefici per la salute. La dottoressa Federica Amati, medico e nutrizionista, definisce questo effetto "alone di salutistico". «È un'espressione che usiamo per descrivere quegli alimenti ultra-lavorati e vari altri cibi confezionati che sono presentati come “ottima fonte di vitamina D" o “ricchi di fibre" per far credere che rappresentino una scelta salutare», spiega la dottoressa.

Altri esempi di etichette fuorvianti sono "a basso contenuto di grassi" o "a basso contenuto calorico", oltre all'aggiunta del suffisso “light” al nome del prodotto. Gli alimenti integrali e poco lavorati non sono presentati con queste caratteristiche: non si vede mai un barattolo di fagioli con la scritta "sano per l'intestino" o un cetriolo con l'etichetta "a basso contenuto calorico". Il fatto è che gli alimenti veramente sani non hanno bisogno di essere commercializzati come tali. «Gli studi hanno dimostrato che queste tattiche influenzano il nostro comportamento», avverte Amati. «Siamo più propensi a scegliere prodotti che si autodefiniscono “leggeri” anziché quelli che lo sono ma non lo dicono».

La colpa non è dei consumatori. Lo scopo del marketing alimentare è quello di vendere, quindi è nell'interesse dei produttori confezionare gli alimenti con queste etichette, per quanto fuorvianti possano essere. «I metodi scientifici per stabilire se un alimento sia sano o no sono di introduzione relativamente recente, e alcuni esperti ritengono che la distinzione tra le due categorie non sia così netta», sottolinea Amati. «Di fatto, la stragrande maggioranza degli studi sugli UPF commercializzati con questo genere di etichette salutiste ha rilevato effetti benefici nettamente inferiori a quelli promessi».

Come riconoscere i "falsi amici"

Per capire esattamente cosa si sta acquistando (e consumando), Amati consiglia di concentrarsi sulla lista degli ingredienti, anziché sul "claim" salutista del prodotto. «Se vedete che un alimento contiene una serie di ingredienti che non avete mai sentito nominare o con nomi dal suono vagamente chimico, allora è probabile che il prodotto in questione appartenga alla categoria degli UPF», avverte. «Dall'elenco degli ingredienti si può vedere anche se un alimento contiene zuccheri e dolcificanti aggiunti, un ulteriore fattore che può aiutarci a prendere decisioni più consapevoli riguardo a ciò che mangiamo». E aggiunge: «Il cartone è a basso contenuto di grassi, di calorie e di zuccheri, oltre a essere vegano e privo di glutine, ma non consiglierei di mangiarlo».

Abbiamo chiesto alla dottoressa Amati di indicarci 5 alimenti molto comuni che potrebbero sembrare salutari, ma che, in realtà, non lo sono. Scopriteli qui di seguito.

5 falsi cibi sani che acquistiamo abitualmente

1. Succhi e frullati del supermercato

«Classico esempio di prodotti commercializzati con claim quali “fonte di vitamine" e “fatto con vera frutta”, i succhi e i frullati del supermercato sono bevande dolci che contribuiscono direttamente all'aumento del rischio di carie nei bambini e di obesità e diabete di tipo 2 negli adulti».

2. Barrette proteiche

«Spesso sono presentate come “ad alto contenuto proteico” e “a basso contenuto di zuccheri”, ma, in realtà, contengono dolcificanti ed emulsionanti artificiali, che sappiamo essere tutt'altro che benefici per il nostro microbiota intestinale e la nostra salute in generale. Per non parlare del fatto che sono ben poche, in realtà, le persone che hanno davvero bisogno di integrare le proteine».

3. Cereali per la colazione

«Sulle confezioni dei cereali per la prima colazione si leggono claim come “fonte di vitamina D", “a base di cereali integrali", “a base vegetale", “contengono ferro”… In realtà, sono per lo più UPF: ad alto contenuto di zuccheri o dolcificanti e a basso valore nutrizionale. Decisamente, non l'alimento migliore per iniziare la giornata».

4. Pane e dolci del supermercato

«Si tratta quasi sempre di alimenti ultra-lavorati e, di solito, sono stati congelati per settimane. Possono contenere fino a 30 ingredienti, tra cui diversi tipi di conservanti, emulsionanti, zuccheri, amidi e coloranti artificiali. Il pane e la pasticceria freschi richiedono un numero di ingredienti decisamente minore».

5. Cibi preconfezionati per lo svezzamento dei bambini

«Sono commercializzati in modo particolarmente efficace, e questo ne fa gli autentici “cattivi” della storia. Uno dei tassi più alti di consumo di UPF si registra proprio presso i bambini di età inferiore ai due anni. Spesso vengono svezzati con alimenti in busta e finger food preconfezionato, quest'ultimo, in particolare, presentato come la soluzione ideale per insegnare ai bambini a nutrirsi da soli. In realtà, questi prodotti dovrebbero essere delle "leccornie” occasionali, non costituire una parte preponderante della loro dieta».

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente su British Vogue.