Marcello S's Reviews > Lasciarsi andare: Diciassette racconti scelti dall'autrice

Come primo approccio ad Alice Munro scelgo la via del best of e dopo 17 racconti di fila - parecchio lunghi - la sensazione è quella di risalire al pelo dell’acqua dopo un’apnea infinita.
A volerla mettere sul piano musicale, Munro intende il racconto come i gruppi prog rock degli anni Settanta intendevano la canzone. Quindi la sensazione di raggiungere il livello di saturazione è dietro l’angolo.
Resta il fatto che, in generale, sono quasi tutti davvero belli.

Disseminati ci sono piani temporali diversi, richiami, flashback, racconti nel racconto e strutture articolate da romanzo condensato. Alcuni racconti avrebbero probabilmente una resa migliore se un po’ alleggeriti.
Le donne di cui parla - le vere protagoniste - più che sole mi sono sembrate autonome, con la necessità e il desiderio di essere e sentirsi libere. Sono donne che arrivano all’autonomia rinunciando sia alla famiglia di origine sia ai propri uomini, spesso con un’infanzia rurale e colma di difficoltà alle spalle.
Munro mescola amori, tradimenti, rancori, rapporti complicati tra genitori e figli, tentativi di capire e capirsi.

La scrittura ha una lucidità invidiabile. Lo stile è accessibile e piano, funzionale. Munro ha la capacità di descrivere in modo semplice e analitico allo stesso tempo. E, a suo modo, ha già la caratura del classico.

Ambienti: tra Vancouver, l’Ontario e il nord degli Stati Uniti.
Magari tra un po’, ma di sicuro leggerò altro di suo. [78/100]

Botte da re @@@
La Mendicante @@@
La stagione dei tacchini @@
Le lune di Giove @@@@
Il percorso dell’amore @@@@
Miles City, Montana @@@@
Amica della mia gioventú @@@@
Meneseteung @@@
Diversamente @@@
Lasciarsi andare @@@
La vergine albanese @@@@@
Un posto selvaggio @@@
Vandali @@@@
Nemico, amico, amante... @@@@
Salvate il mietitore @@@
In fuga @@@@
The Bear Came Over the Mountain @@@@


– Una volta mia madre ha bruciato tremila dollari, – dissi. – Tremila dollari, dentro quella stufa.
Emise un altro fischio, di tonalità diversa. – In che senso? Ci ha buttato un assegno?
– No, no. In contanti. Lo ha fatto di proposito. È andata in banca e se li è fatti mettere tutti in una scatola da scarpe. Li ha portati a casa e li ha messi nella stufa. Pochi per volta, per non fare la fiamma troppo alta. Mio padre è rimasto lí a guardarla.
– Ma si può sapere cosa dici? – chiese Bob Marks. – Pensavo che foste poverissimi.
– Infatti. Poverissimi.
– E allora come faceva ad avere tremila dollari? Sarebbe come dire trentamila oggi. Se basta. Anche piú di trentamila oggi.
– Era la sua eredità, – dissi. – Glieli aveva lasciati suo padre. Suo padre morí a Seattle e le lasciò tremila dollari, e lei li bruciò perché lo odiava. Non li voleva, i suoi soldi. Lo odiava.
– Una bella dose di odio, – disse Bob Marks.
– Non è questo il punto. Né l’odio di lei, né stabilire se lui fosse abbastanza odioso da meritarselo. È poco probabile che lo fosse. Non è questo il punto.
– I soldi sí, però, – disse lui. – I soldi sono sempre il punto.
– No. Il punto è che mio padre glielo lasciò fare. Il punto per me, almeno. Mio padre restò lí a guardare senza protestare mai. E se qualcuno avesse cercato di fermarla, lui l’avrebbe difesa. Io lo considero un gesto d’amore.