Tullia Socin

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Tullia Socin

Tullia Socin (Bolzano, 7 gennaio 1907Bolzano, 20 gennaio 1995) è stata una pittrice italiana.

La famiglia di Tullia Socin, originaria della Val di Non nel Trentino, viveva a Bolzano dal 1870 . Il nonno Fidel fabbricava di strumenti musicali e nel 1871 in città fondò la ditta "Fidel Socin" per fisarmoniche e strumenti musicali e morì il 5 febbraio 1917 all'età di 77 anni a Bolzano.[1]

Dopo la scuola elementare frequentata presso il locale Convitto mariano, nel 1919 Tullia prosegue gli studi nell'educandato di Notre Dame de Sion a Trento e nel 1924 consegue il diploma in Lingua e letteratura francese presso l'Università di Grenoble.

Dal 1925 al 1932 studia con Virgilio Guidi[2] all'Accademia di belle arti di Venezia e consegue la relativa licenza di pittrice accademica nel 1932. Durante questo periodo realizza il suo primo ritratto, quello dello scultore Vincenzo Bellotto[3], egli stesso insegnante dell'accademia.

«Mentre il suo maestro colloca i ritratti di questi anni in una dimensione sospesa che sembra indirizzarsi verso una sorta di germinante geometrizzazione modulare dei volti, la Socin cerca con più evidenza una sia pur misurata introspezione psicologica che non ha alcuna volontà d'astrazione»

Dal 1932 al 1933 completa la sua formazione artistica a Parigi dove esegue ed espone il quadro Donna che legge[4].

Si dedica a vedute veneziane, altoatesine e liguri con tecnica memore delle ricerche impressioniste e post impressioniste con rimandi a Carrà.
Nel 1933 è a La Spezia dove dipinge la città e varie località del suo golfo e della Riviera di Levante. Nello stesso anno partecipa con due dipinti[5] alla prima edizione del Premio di pittura del Golfo promosso da Marinetti.

A Roma nel 1934 lavora presso lo studio del maestro Giulio Bargellini, che reputandola "una vera, autentica, acuta tempra d’artista",[3] la introduce alla tecnica dell'affresco, incoraggiandola a proseguire.

In quegli anni di epoca fascista realizza diversi dipinti con i quali prende parte alle mostre sindacali promosse dal Sindacato Fascista di Belle Arti, evitando per quanto possibile di trattare soggetti espressamente politici. Ne fanno eccezione tre opere dedicate alla tematica ideologica dominante: Giovani italiane (1937), Legionario ferito (1937) e Medaglia alla memoria (1939).
Partecipa a vari concorsi, vincendo premi alle biennali sindacali di Bolzano e Trento nel 1932, 1937 e 1939. Durante i suoi soggiorni a Bolzano entra in contatto con gli artisti locali Hans Piffrader e Ignaz Gabloner.
Nel 1937 tiene una sua prima mostra monografica a La Spezia presso la galleria Mazzoni.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale si ritira a Castelrotto. Nel 1943 sposa lo scultore Enrico Carmassi, con il quale vive e lavora dapprima a La Spezia fino al termine della guerra e poi a Torino dal 1946 al 1974.[1]

Dopo la guerra, a partire dal post-cubismo, intorno agli anni Cinquanta Socin arriva a realizzare raffigurazioni più libere e anche astratte[1], poi abbandonate per affrontare un suo vitale dialogo con la natura.
In questo periodo allestisce diverse mostre, a La Spezia, Ivrea, Torino, Saint-Vincent, Monaco, Vienna e nel 1965 nella sala capitolare della Chiesa dei Domenicani a Bolzano.

Dopo la morte del marito nel 1975, torna a vivere a Bolzano.

Maria Pia Socin, sorella dell'artista, raveva accolto un cospicuo numero di opere di Tullia Socin e di Enrico Carmassi. Alla sua morte, nel 2009, la raccolta è stata ceduta alla Fondazione Socin, il cui patrimonio è disponibile a scopo espositivo dal 2011 presso una sala del Museo Civico di Bolzano. Attualmente è in corso la catalogazione scientifica del patrimonio della fondazione.[1]

Presso il Museo stesso, dal 21 novembre 2007 al 29 marzo 2008, è stata allestita la mostra Donna in rosso, Tullia Socin e le Biennali di Bolzano[6][7]).

Opere di Tullia Socin sono conservate nella Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, nel Museo Civico di Bolzano, nella Galleria Civica di La Spezia, presso la Cassa di Risparmio della Provincia di Bolzano olre che in numerose collezioni private di Bolzano, Milano, Torino, Vienna, Monaco di Baviera.[8]

  • La sorellina (1929)
  • Autoritratto (1930)
  • Ritratto del maestro Virgilio Guidi (1930)
  • Ritratto di Fidel Socin (1930-35)
  • Sogni di madre (1932)
  • Donna che legge (1932)
  • Contadina tirolese (1932)
  • Golfo di La Spezia (1933)
  • Conversazione (1934)
  • La Bagnante (1934-35)
  • Bagnante (1935)
  • Violetta (1935)
  • Grande natura morta (1935)
  • Ragazza in rosso (1936)
  • L'emarginato (1935)
  • Lo scolaro (1936)
  • Maternità (1936)
  • Marinaio (1937)
  • Giovani italiane (1937)
  • Le modelle (1937)
  • Legionario ferito (1937)
  • Medaglia alla memoria (1939)
  • Mattino a Portovenere (1949)[9]
  1. ^ a b c d Maria Pia Socin, Nota biografica di Maria Pia Socin, su Fondazione Socin, giugno 2008. URL consultato il 29 maggio 2022.
  2. ^ Tullia Socin, Enrico Carmassi, su Skira arte. URL consultato il 29 maggio 2022.
  3. ^ a b c Ludovico Pratesi, I dimenticati dell’arte. Tullia Socin, un'artista in un mondo di uomini, su Artribune, 17 aprile 2022. URL consultato il 29 maggio 2022.
  4. ^ Il dipinto, del 1932, è uno dei più felici della sua prima produzione. Nell’opera risulta particolarmente evidente l’influenza della pittura di Guidi tanto nella scelta del soggetto, che muove da un attenzione per l’elemento quotidiano e la realtà domestica, quanto nell’attenzione rivolta alla resa luministica. L'opera oggi è custodita nel Museo Civico di Bolzano.
  5. ^ La baia di Lerici e Il Golfo militare della Spezia. Il primo dei due dipinti è proprietà della Fondazione Socin; il secondo, acquistato dal Comune di La Spezia, è andato distrutto nel corso della Seconda guerra mondiale.
  6. ^ Donna in rosso, su Bolzano Net. URL consultato il 29 maggio 2022.
  7. ^ Invito conferenza stampa presentazione mostra "Donna in rosso", su Comune di Bolzano. URL consultato il 29 maggio 2022.
  8. ^ Socin Tullia. Pittori Liguri 800 900, su Pittori liguri. URL consultato il 29 maggio 2022.
  9. ^ Mattino a Portovenere, su Provincia di Bolzano. URL consultato il 29 maggio 2022.

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