Interviste esclusive

Virginie Viard, la vita, la carriera, lo stile della (ex) direttrice artistica che ha riscritto i codici di Chanel

Il suo primo incontro con Karl, la sua estetica, la sua capacità di visione e insieme la sua praticità. Ecco come aveva raccontato Chanel colei che dopo 30 anni lascia la maison
virginie viard
Marc Piasecki/Getty Images

Tutto quello che c'è da spere su Virginie Viard, la direttrice artistica di Chanel che 5 anni fa aveva preso il posto di Karl Lagerfeld. E che ora ha detto addio alla maison

Dopo 30 anni, di cui gli ultimi cinque al comando della direzione artistica, Virginie Viard lascia Chanel secondo quanto riportato dalla Maison a Vogue Business.

«Durante questi cinque anni da Direttrice Artistica ha saputo rinnovare i codici della maison rispettando il patrimonio creativo di Chanel - si legge in un comunicato - Una nuova organizzazione creativa sarà annunciata a tempo debito. Chanel desidera ringraziare Virginie Viard per il suo notevole contributo alla moda, alla creatività e alla vitalità del marchio».

La collezione haute couture Autunno/Inverno 2024/25 sarà presentata come previsto il 25 giugno all'Opéra Garnier. Nel frattempo, rileggiamo l'intervista di Hamish Bowles del 2020 in cui la creativa raccontava, a un anno dalla morte del Kaiser della Moda, la sua visione per la Maion.

Alla sfilata Haute Couture Spring/Summer 2024

Stephane Cardinale - Corbis/Getty Images

Virginie Viard, la mente silenziosa che si è celata fino a oggi dietro la “furtiva” reinterpretazione di Chanel, sa essere di poche parole, ma è al contempo una donna che non usa mezzi termini. Il suo modo di conversare, come riporta la sua amica modella e produttrice musicale Caroline de Maigret, «Non include le chiacchiere. Non riesce a fingere».

Viard ricorda in maniera vivida la sua prima sfilata Chanel: una collezione Karl Lagerfeld haute couture esageratamente stravagante allestita verso la fine degli anni ’80, a cui aveva partecipato grazie al padre di un amico di famiglia. La collezione era un iperbole di cappelli, guanti e modelle, Inès de la Fressange e Marpessa Hennink comprese, che flirtavano con le macchine fotografiche. Che idea si era fatta Viard della collezione? «Orrenda!» afferma oggi (2020, n.d.r.) in maniera oggettiva. «Così sorpassata».

Virginie Viard con suo figlio, Robinson

Anton Corbijn, Vogue Us, dicembre 2020

Viard è passata dall’essere l’insostituibile studio director di Lagerfeld presso Chanel – notoriamente descritta da lui come “il mio braccio destro… e quello sinistro” – a direttore creativo del brand, a seguito della morte del kaiser a febbraio 2019. Questa transizione è avvenuta con tale raffinatezza che potrebbe quasi essere stata realizzata nell’atelier haute couture della maison. Probabilmente, gli intellettualoidi della moda si aspettavano dalla famiglia Wertheimer, proprietaria di Chanel, un altro nome importante per rimpiazzare Lagerfeld, ma c’erano fin troppi indizi a suggerire un desiderio di continuità da parte della fashion house e una volontà di premiare l’esperienza e la competenza – a cominciare dal fatto che fu lo stesso Lagerfeld a portare con sé Viard (che aveva lavorato per lui sin dal 1987) sulla passerella delle sue due ultime collezioni per condividere con lei gli applausi del pubblico.

Gabrielle “Coco” Chanel, founder della maison, sistema uno dei suoi classici tailleur in tweeds negli anni 60Photo: Hatami/Shutterstock

Rimasta per lungo tempo nell’ombra proiettata da Karl Lagerfeld e Gabrielle “Coco” Chanel – due delle più formidabili forze creative del ventesimo e ventunesimo secolo – Viard, oggi 62 anni, che potremmo definire «la stilista meno conosciuta della maison più famosa», è timida e quasi schiva. «È di poche chiacchiere ma di tanta azione,» affermava l’attrice e ambasciatrice Chanel Kristen Stewart, che aggiungeva «Virginie sposa la diversità – lei stessa è piuttosto strana, ma in modo positivo».

Nata a Lione, famoso centro tessile francese, da genitori medici, Viard si trasferì nel piccolo comune di Digione quando suo padre ricevette l’incarico dall’ospedale cittadino. Da bambina, Viard si vestiva spesso da infermiera o dottoressa e lo accompagnava all’ospedale per rallegrare i suoi pazienti, ma non ha mai avuto intenzione di seguire le orme dei suoi genitori. «Mi piace incontrare i medici; adoro parlare con loro», racconta oggi, ma aveva già deciso da tempo che «la moda è più semplice!»

A 20 anni, Viard, che aveva imparato a cucire da sua madre, diede vita a un suo brand con un amico, Nirvana. I due realizzavano capi d’abbigliamento con le stoffe prodotte nella fabbrica di tessili del nonno di Virginie. Come la giovane Gabrielle Chanel, Viard preferiva lavorare col jersey «perché non necessita di un taglio particolare – il corpo gli conferisce una forma», ma in seguito affinò la sua tecnica in una scuola di moda locale. Lavorava anche in un negozio di bigiotteria il sabato, anche se «Non vendevo mai nulla» ricorda. «Ero terrorizzata dai clienti! Ma mi occupavo sempre di decorare il negozio e le vetrine – una settimana rosso, un’altra verde».

Parigi, alla fine, la chiamò a sé e qui Viard– grazie ai suoi coinquilini lionesi con i giusti agganci – iniziò uno stage con Jacqueline de Ribes, la regina della mondanità parigina che aveva recentemente deciso di sfruttare il suo gusto e il suo fiuto per la moda in un brand tutto suo. «Lavoravamo a casa sua - ricorda Viard - tutti i tessuti erano stesi sul letto, e la fotocopiatrice si trovava in bagno. Ero l’assistente di tre persone – eravamo quattro in totale».

Ben presto, divenne l’assistente della costumista Dominique Borg, nota per il suo lavoro nel cinema in film del calibro di Camille Claudel di Bruno Nuytten e I miserabili di Claude Lelouch, scoprendo la sua vera vocazione. La sua famiglia, nel frattempo, si era da lungo tempo trasferita in una casa di campagna in Borgogna, che confinava con quella di un collaboratore del principe Ranieri di Monaco. Questo loro vicino di lì a poco incontrò Karl Lagerfeld, residente monegasco e intimo amico della principessa Carolina, la figlia del principe, e gli chiese in modo schietto se avesse bisogno di una stagista. Lagerfeld disse di sì e Viard si recò immediatamente a rue Cambon per incontrare il suo coadiutore, il patrizio Gilles Dufour, che la assunse sui due piedi.

«Karl iniziò subito a chiedermi: ‘Che ne pensi di questo?’, ‘Che te ne pare di quel colore?’, e io ero così imbarazzata,» ricorda Viard. Il suo stage si trasformò in poco tempo in un lavoro a tempo pieno. “L’intesa tra Karl e Virginie fu immediata”, racconta Eric Wright, altra colonna portante del team di design di Lagerfeld. «Virginie è sempre stata tranquilla e molto, molto discreta, ma la sua presenza e la sua energia sono intense e influenti».

All’epoca si trattava di un team molto ridotto: oltre a Dufour e Wright c’era un’assistente per il ready-to-wear, un designer di accessori con assistente e Victorie de Castellane, l’esuberante nipote di Dufour, allora responsabile della straordinaria bigiotteria Chanel. Viard riconobbe subito un’opportunità che faceva appello alla sua esperienza come costumista e alle sue doti organizzative meticolose.

«Nessuno era responsabile dei ricami, quella era la mia occasione» raccontava Viard, che venne affidata nelle sapienti mani di François Lesage dello storico laboratorio di ricamo. «Sia Karl che François avevano un ego enorme - ricorda -Oh-la-la! Ho dovuto tirar fuori tutta la mia diplomazia!»

Viard era appagata dai rapporti che aveva con i personaggi straordinari che arricchivano Chanel con le loro preziose abilità artigianali. Il fabbricante di bottoni Monsieur Desrues, ad esempio, giungeva quotidianamente a mezzogiorno con la sua valigetta, che conteneva un solo esemplare della sua maestria artigiana. Madame Pouzieux, invece, intrecciava incredibili passamanerie per i tailleur Chanel nel suo atelier, situato sopra la stalla della sua casa di campagna dell’entroterra francese. «Ricevevo il suo campionario», prosegue Viard, «e sentivo il forte odore dei suoi cavalli… Fortunatamente adoro i cavalli» (Negli ultimi anni Chanel ha acquisito varie Maison d’Art a rischio o laboratori artigianali – compresi i fabbricanti di fiori e piume artificiali, le modiste, i produttori di guanti, gli artigiani arricciatori, i disegnatori tessili e i designer di calzature – consolidati presso il 19M).

Virginie Viard segue il fitting della modella Malika Louback per la sfilata primavera estate 2021 di Chanel Photo: Benoit Peverelli, Courtesy of CHANEL.

Nel 1992, Karl Lagerfeld tornò da Chloé, la maison il cui stile retrò aveva definito in maniera romantica e poetica dal 1964 fino al 1982 (anno in cui la lasciò per unirsi al team Chanel) portando con sé Virginie Viard. «Qualunque cosa tu faccia, circondati di donne,» suggerì a Wright il pragmatico Lagerfeld, «donne dalla personalità differenti: in quel modo potrete trarre energia gli uni dagli altri.» Nel 1993, Vogue definì Viard una it girl che incarnava lo spirito della creatura di Lagerfeld: Chloé. “Adoro le stupidaggini!” raccontò alla giornalista Charla Carter, che subito notò la sua collezione di sfere di vetro, il telefono di plastica verde a forma di rana e il cactus di cartapesta, parte del suo eclettico arredamento rosso e dorato a strisce, realizzato da Stefan Lubrina (ora responsabile degli epici allestimenti Chanel) e che evocava il lavoro degli artisti di Bloomsbury.

«Non ho mai indossato Chanel, anche quando lavoravo lì!», ammise all’epoca Viard: Sybilla, Helmut Lang, John Galliano e Martin Margiela erano i suoi stilisti preferiti. «Occasionalmente mi piace lo scintillio - osserva - ma nulla di troppo artificiale. Potremmo dire che mi piacciono le cose stilizzate, ma reali». L’estetica eclettica di Viard - compreso ciò che lei stessa definisce come “le hit da mercatino dell’usato” - è chiaramente dimostrata nei suoi look personali, come i pantaloni di velluto rosso che ha indossato con una canottiera da uomo bianca, che ha ben presto trovato eco nella collezione bohémien Chloé di Lagerfeld.

Da Chloé, Viard faceva le ore piccole. «Karl arrivava molto tardi - ricorda - spesso alle 11 di sera, perché lavorava per Chanel tutto il giorno e poi aveva il suo brand, Lagerfeld.». Le sue sessioni di design si muovevano al ritmo dei Red Hot Chili Peppers o della musica grunge tanto amata da Viard. (“Da un punto di vista musicale, Virginie è molto rock,” racconta de Maigret, “e le piace trovare quel lato nelle persone, quel qualcosa in più”). A fine ‘giornata’, lei e Wright andavano a gustarsi una cena a tarda notte chez Natacha, il ristorante eletto dal mondo della moda a quel tempo. Wright era colpito dalla cerchia di amici attori di Viard che spesso si univano a loro. “Vincent Lindon, Juliette Binoche, Isabelle Adjani seguivano tutti i suoi consigli su cosa indossare e come indossarlo,” racconta Wright. “A oggi, i giovani attori e le giovani attrici dell’industria cinematografica francese si fidano ciecamente di Virginie”.

Verso la fine degli anni ’90, Lagerfeld decise di riportare Viard da Chanel. «L’unica cosa che desideravo era continuare a lavorare con Karl», riferisce Viard, «perché quando sono tornata da Chanel non era il migliore dei momenti. Ricordo una sfilata in cui Karl voleva esclusivamente neoprene. Ho provato a fargli piacere il tweed e tutto il resto, perché… il neoprene da Chanel, la nuova borsa sagomata? Orribile! Dovevamo far ritorno al romanticismo!»

Il ritorno di Viard si avvertiva,” ricorda Wright, “perché tutto divenne più puro, più fluido. Lei adora il lusso nell’abbigliamento – la maestria artigiana, la bellezza. Tuttavia, è sempre stata incredibilmente pragmatica”. Il particolare stile bohemienne di Viard influenzò ben presto Lagerfeld a dare nuova forma all’estetica Chanel. “Le piace che gli abiti calzino facilmente, con disinvoltura e nonchalance. Virginie era alla ricerca di freschezza per Chanel.”

Queste qualità hanno definito l’approccio di Viard come creative director. “Mi ricordo di quella volta che chiesi a Karl: ‘Perché non realizzi un classico vestitino chemisier come questo qui [vintage]?’”. Lo rammenta anche Sofia Coppola, che fu una stagista presso Chanel negli anni ’80. “E lui prontamente rispose: ‘No, non ci voltiamo mai indietro, si va solo avanti.’ A Virginie piace rivisitare, ma sempre con una nuova prospettiva, fresca – e la sua versione, non è mai una copia.”

Viard e Karl Lagerfeld, che lei raggiunse come stagista in Chanel nel 1987Photo: Courtesy of Chaos

La promozione, quanto le ha cambiato la vita? «Lavoro di più», affermava impassibile. «Lavoro tutto il tempo. È come se i miei nonni mi avessero lasciato la loro fabbrica di stoffe e volessi renderla la migliore – Vorrei che fossero felici. Spesso mi chiedo: "Karl, cosa ne pensi? Credi sia ok?»

Viard (al centro, con una giacca in denim) circondata dalle sue muse e dai suoi collaboratori. Da sinistra: il direttore Ladj Ly; l'attrice Suzanne Lindon; la cantante Angèle; il musicista Sébastien Tellier; il figlio della Viard, Robinson Fyot; la modella Mona Tougaard; la scrittrice Anne Berest; e la modella e amica della maison Caroline de Maigret

Photographed by Anton Corbijn, Vogue, December 2020. Produced by Kitten Productions.

Anche se adesso è la creative director di un brand globale multimilionario e il suo carico di lavoro è cambiato in modo esponenziale, Viard ha resistito a qualsiasi sforzo di adattare la sua vita privata. Mentre Lagerfeld si circondò notoriamente a turno di tesori Art Déco, di arti decorative del diciottesimo secolo da museo, e di design all’avanguardia, Viard vive ancora nell’atelier, nell’impopolare XIV arrondissement, che ha acquistato 20 anni fa e per lei non c’è ragione di spostarsi. “Lo adoro,” spiega. “Karl rideva sempre del fatto che non volessi mai cambiare nulla: quando compravo una macchina nuova, era esattamente come la vecchia!”.

Questa intervista è stata originariamente pubblicata su Vogue Us di Dicembre 2020 e sul sito di Vogue.com

In apertura: photo by Anton Corbijn, Vogue, December 2020. Produced by Kitten Productions.

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