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I negozi più innovativi del mondo, secondo i redattori di Vogue

Dal giapponese Hender Scheme a McMullen di Oakland, in California, all'italiano Slam Jam, questi sono gli store che disegnano il futuro del retail
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Clockwise from top left: Naomi Smart, Giorgia Feroldi, Naomi Elizée and Francesca Ragazzi.Photos: Courtesy of the editors, artwork by Vogue Business

I negozi più innovativi del mondo, dall'America all'India, dal Giappone all'Italia

Community, curation, bricks and clicks (cioè un modello di business che integra sia online che offline): sono queste le tendenze dominanti della vendita al dettaglio nel mondo post-pandemico. Ma quali sono i retailer di tutto il mondo che mettono in pratica questi temi con il massimo dell'eleganza e dell'appeal? Abbiamo chiesto ai redattori internazionali di Vogue di esprimere la loro opinione personale sui rivenditori più innovativi dei loro Paesi.

India: One Zero Eight

Photos: Courtesy of One Zero Eight and Shriya Zamindar

One Zero Eight è un negozio multi-brand consapevole a Kochi, nello stato del Kerala, che ospita le collezioni di circa 40 designer indiani. Inizialmente concepito da Ramesh Menon, fondatore della Ong SaveTheLoom, come pop-up nel 2018, il negozio è stato aperto per raccogliere sono stati distrutti quell'anno durante l'ultima pesante alluvione.

Lo spazio è diventato un'attraente meta di shopping per i turisti in vacanza e per la folla di artisti che ha visitato la città durante la Biennale d'arte di Kochi-Muziris, mostra internazionale di Arte contemporanea. Il concept temporaneo si è trasformato in un negozio permanente nel 2023. Per l'India rappresenta un crossover perfetto, che unisce turismo e moda nella stessa cornice. Il negozio si concentra su modelli creati dagli stilisti utilizzando tessuti del patrimonio locali. È un modo intelligente per promuovere l'economia della moda della zona e sostenere l'eredità tessile indiana.

Shriya Zamindar, fashion features editor, Vogue India

Giappone: Hender Scheme

Photos: Courtesy of Hender Scheme and Emi Kameoka

Sukima è la parola giapponese che indica un vuoto o una fessura, ma è anche una filosofia che il marchio giapponese Hender Scheme ha portato nel suo retail. Sotto la visione di Ryo Kashiwazaki, i negozi portano alla luce il potere degli spazi vuoti, con l'obiettivo di ridefinire lo shopping. Spazi diversi, da grandi magazzini a fabbriche industriali di ricambi per auto, sono stati riconvertiti in modo creativo nei suoi quattro flagship stores, ognuno dei quali incarna il sukima non solo occupando, ma anche valorizzando e aggiungendo profondità a questi luoghi.

L'approccio di Kashiwazaki va oltre la ristrutturazione fisica; si tratta di curare spazi che risuonano con le lacune dell'esistenza, confondendo i confini tra tradizionale e contemporaneo, tra utilitaristico ed estetico. La scelta di luoghi non convenzionali, come Kappabashi Street, molto diversa e lontana dai soliti quartieri della moda, mira a trasformare i negozi in destinazioni che offrono esperienze uniche, radicate nella filosofia di osservare e valorizzare i "vuoti" trascurati della vita e del design.

Questo concetto si estende al nuovo negozio Circulation di Tokyo, inaugurato a febbraio, che funge da luogo di riparazione, rivendita, personalizzazione e workshop, rafforzando l'offerta di sostenibilità del marchio. L'approccio di Kashiwazaki al sukima illustra una connessione più profonda con l'aspetto dello shopping, fondendo l'innovazione con la tradizione per occupare luoghi in cui ogni spazio è un'opportunità di scoperta.

Emi Kameoka, fashion director, Vogue Giappone

Stati Uniti: McMullen

Photos: Courtesy of McMullen and Naomi Elizée

Una delle boutique che ritengo in continua evoluzione e che si spinge costantemente oltre i confini della vendita al dettaglio è McMullen di Oakland, California. Fondata nel 2007 da Sherri McMullen, propone stilisti di alto livello, da Dries Van Noten e The Row a Christopher John Rogers, oltre a marchi emergenti e di culto come Zankov e Diotima. Sherri non è nuova alla vendita al dettaglio e ha continuato a costruire con successo la sua attività e la sua presenza nel settore.

Ciò che mi piace di McMullen è che riesce a tenere il passo (se non a superare) di alcuni rivenditori di città come Los Angeles o New York, grazie alla personalizzazione del servizio. Sherri ha un'immagine molto chiara come proprietaria e fondatrice, che mantiene attraverso l'interazione con i clienti sui social media. Su Instagram, gestisce una serie di video chiamata "Dressing Room", in cui prova vari modelli disponibili nel suo negozio. Realizza anche speciali capsule collection con vari designer, la più recente con Rachel Scott di Diotima. Questa collaborazione ha dato ai suoi clienti l'opportunità di incontrare Rachel nella vita reale e di essere vestiti da lei con i suoi stessi capi. Non vedo l'ora di vedere cosa succederà a Sherri e spero che apra un altro pop-up, possibilmente a New York.

Negli ultimi cinque anni, ho notato un cambiamento nelle mie abitudini di acquisto: desidero andare in piccoli negozi e in luoghi più vicini al mio stile. L'approccio personale alla vendita al dettaglio non è un concetto nuovo, ma a mio avviso è un desiderio del pubblico in generale. Invece di andare a caccia di scaffali, credo che gli acquirenti cerchino selezioni curate che non siano opprimenti.

Naomi Elizée, market editor, Vogue US

Hong Kong: Kapok

Photos: ka-pok.com and @au_simon

Fondato dal francese Arnault Castel nel 2006 con l'obiettivo di scoprire e portare i "classici del futuro" sul mercato asiatico, Kapok è uno dei rivenditori più innovativi di Hong Kong. Nel corso degli anni, ha introdotto più di 100 marchi tra gli acquirenti di Hong Kong, che a loro volta riconoscono che i gusti e stili di vita locali si riflettono nelle offerte. Kapok promuove attivamente il lavoro degli stilisti locali e organizza conferenze sull'arte e il lifestyle.

Kapok ha aperto originariamente a Tin Hau prima di trasferirsi a St Francis Yard e successivamente in Sun Street a Wan Chai. Un nuovo flagship è stato aperto in K11 Musea a Kowloon. Ci sono 11 negozi fisici a Hong Kong, mentre lo shopping online è disponibile in Cina, Taiwan, Singapore e in altri mercati asiatici.

Kapok, rinomata per il suo rapporto molto stretto con i clienti, comprende chiaramente lo stile di vita e i gusti dei consumatori di Hong Kong e si tiene al passo con i tempi, introducendo marchi di nicchia internazionali e incoraggiando lo sviluppo sostenibile.

Le piattaforme di shopping online si sono molto sviluppate negli ultimi anni, ma dopo la pandemia i consumatori sembrano essere più desiderosi di tornare all'esperienza dello shopping fisico. A Hong Kong, i marchi di moda amano esplorare il potenziale dei pop-up store nella speranza di stimolare gli acquirenti. Apprezzo il potenziale dello shopping sia fisico che online. Per molti marchi, l'online ha anche un potenziale di marketing che spinge i consumatori a fare acquisti fisici.

Simon Au, editorial director di Vogue Hong Kong

Regno Unito: UppFirst

Photos: Courtesy of UppFirst, Jonathan Daniel Pryce

Le innovazioni nel campo dello shopping che trovo particolarmente interessanti in questo momento sono il community commerce e la vendita peer-to-peer (compravendita diretta tra utenti senza intermediari), nonché i modi per affrontare l'enorme problema della sovrapproduzione nella moda. UppFirst è una piattaforma di vendita davvero entusiasmante che ha in mente entrambi questi aspetti, lanciata nel 2022 da un team di tre persone (e sostenuta dall'imprenditrice ed co-fondatrice di Net-a-Porter Carmen Busquets). Consente ai creativi e ai marchi di vendere al loro pubblico e offre anche la funzione di pre-ordine. Ha attirato la mia attenzione per la prima volta quando ha collaborato con Heat per vendere uno stock di Vetements (a parte, adoro Heat per le sue “boxes” di prodotti di lusso in edizione limitata), un approccio innovativo per dare longevità ai prodotti invenduti di designer e streetwear in modo super curato e divertente (che finiscono per andare sold-out in poche ore).

UppFirst facilita le vendite lungo l'intero ciclo di vita del prodotto. Tra i fattori che ritengo particolarmente interessanti per i marchi, la funzione di pre-ordine che aiuta a valutare il numero di ordini, nonché il processo di vendita molto semplice, con tassi di commissione competitivi per i venditori. Le persone vogliono poter vendere al proprio pubblico in modo rapido e veloce, qualcosa di semplice come postare un prodotto sulle Instagram stories o inviare a un amico un Whatsapp di un pezzo del proprio guardaroba con una funzionalità di checkout. Si tratta di una piattaforma molto democratica, sia per i marchi emergenti che per quelli affermati.

Credo che assisteremo a un flusso di marchi e persone, soprattutto influencer, che si butteranno sulle piattaforme con un percorso di acquisto più personalizzato e semplificato per l'utente. Lo vediamo già con l'aumento degli influencer che lanciano newsletter di shopping Substack per connettersi direttamente con i loro follower.

Naomi Smart, commerce director di British Vogue

Corea: Musinsa

Photos: Musinsa, courtesy of Geunho Ahn

Il rivenditore più innovativo in Corea è Musinsa, fondato da Cho Man-Ho nel 2001. Quella che all'inizio era una fashion community online si è lentamente espansa con un proprio sito web e una rivista web prima di tuffarsi nell'e-commerce nel 2009. Oggi Musinsa è il più grande rivenditore di moda online in Corea, con un fatturato di 540 milioni di dollari nel 2022.

Musinsa è innovativo in quanto rifiuta di considerarsi solo un "rivenditore". Nel 2017 è stato lanciato un marchio proprio chiamato Musinsa Standard, con l'obiettivo di fornire abbigliamento di qualità con modelli molto essenziali. Il prezzo è modesto e nel 2022 ha registrato un fatturato di 130 milioni di dollari. Musinsa Standard, che sta disegnando le uniformi della nazionale coreana per le Olimpiadi di Parigi, ha sei negozi monomarca. C'è anche un negozio fisico chiamato Empty [a Seul], con un portafoglio molto vario. Tra gli stilisti presenti in negozio figurano Charles Jeffrey, Coperni, Craig Green e anche designer sperimentali come Airei, Ottolinger e LGN. Sono supportati anche giovani designer coreani che si stanno facendo notare a livello globale, come Juntae Kim, Kusikohc e Andersson Bell. Il marchio dispone anche di una piattaforma di rivendita chiamata Soldout.

Quando si parla di e-commerce, sono un po' scettico. Qualche anno fa, tutti parlavano di come avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di fare acquisti grazie all'introduzione di diverse tecnologie AI. Di recente però siamo stati bombardati da notizie su come i giganti della moda online, come Matches e Farfetch, siano in difficoltà. Credo che i marchi e i rivenditori di lusso abbiano già trovato la ricetta giusta per rilanciare i negozi monomarca e lo shopping offline. Ci sono ancora molte persone che amano visitare un negozio, parlare con un membro del personale di ciò che stanno cercando e tornare a casa pieni di borse. Verrà presto introdotta un'altra tecnologia rivoluzionaria nel panorama dell'e-commerce? Ne dubito.

In Corea, i flagship stores di lusso non sono molto amati: la maggior parte dei consumatori tende a preferire i grandi magazzini anche per gli acquisti di lusso. Shinsegae Gangnam, uno dei più grandi del Paese, ha registrato vendite per oltre 2,3 miliardi di dollari nel 2023. Finché ci saranno i grandi magazzini in Corea, lo shopping offline sarà sempre una realtà.

Geunho Ahn, fashion editor, Vogue Korea

Italia: Macondo, Slam Jam

Photos: Courtesy of Macondo, Slam Jam, Francesca Ragazzi and Giorgia Feroldi

Uno dei negozi più innovativi d'Italia è Macondo a Verona, che offre una selezione dei marchi italiani e internazionali più cool. Costantemente alla ricerca di nomi emergenti, Macondo sceglie capi e accessori all'avanguardia, aiutando molto in questo processo i brand più giovani. Il negozio ospita anche uno spazio per libri, riviste e accessori per la casa.

Fondato nel 2019 dall'agenzia creativa 247 di Milano, oltre allo store fisico nel cuore di Verona, Macondo ha lanciato di recente la piattaforma online. In futuro sono previste collaborazioni con le scuole di moda per sostenere progetti di studenti e per sviluppare un'esperienza di acquisto sempre più fluida (sia in termini di genere che phygital). L'implementazione è ottima, con un'eccellente presenza sui social che si traduce anche nella vita reale attraverso partnership con premi annessi.

Slam Jam è un altro negozio innovativo incentrato sulla creazione di una community. Fondato nel 1989 da Luca Benini con l'idea di rivolgersi alla scena underground, è stato il primo importatore italiano di Stüssy, brand di Laguna Beach padre dello streetwear. Con uno spazio a Milano e uno a Ferrara (dove ha sede l'azienda), Slam Jam nel corso degli anni si è reinventato, travalicando il suo ruolo di leader della street culture e di azienda distributrice per diventare un vero e proprio punto di riferimento culturale, un connettore che riunisce movimenti alternativi di ogni settore creativo. Il flagship di Milano presenta un'intersezione unica di moda, musica e arte, alimentando una comunità fedele di persone in tutto il mondo.

A settembre dello scorso anno, Slam Jam ha introdotto per la prima volta una selezione di womenswear, creando uno spazio culturale dinamico per l'espressione di una nuova generazione di giovani donne intraprendenti, creative e indipendenti. Durante la Milano Fashion Week di quest'anno, lo store ha presentato Wide Archive, una vetrina itinerante di oltre 25.000 articoli d'archivio accessibili al pubblico su appuntamento. C'è anche una selezione vintage co-curata con il marchio di second hand Pezze, con pezzi che hanno formato il dna di Slam Jam.

Francesca Ragazzi, Head of Content, e Giorgia Feroldi, content creator, Vogue Italia

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Vogue US