Il marchio è indelebile: stella, ruota dentata, rami di ulivo e di quercia. L'emblema è quello della Repubblica Italiana. La carta intestata è quella della «Presidenza del Consiglio dei Ministri». Il sottotitolo è una confessione: «Ministro per le Riforme Istituzionali e la Semplificazione Normativa». Le “impronte digitali” sono quelle dell’«Ufficio Legislativo».

Notte del blitz

È tarda notte a Palazzo Chigi quando la “pec” raggiunge l’hosting più vicino, quello dei Capigruppo di maggioranza di Montecitorio e Palazzo Madama. Il calendario segna il 27 maggio. Il contenuto è riservato: «Testo unico di semplificazione normativa dei procedimenti concernenti la produzione di energia da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 26 della legge 5 agosto 2022, n. 118». In poche parole si tratta dell’ultimo blitz dei Palazzi di Roma per “liberalizzare” tutte le procedure destinate a favorire la speculazione energetica in terra sarda. Un provvedimento che va ad aggiungersi a quello già devastante delle «aree idonee». Un’operazione in grande stile, messa in atto da regie silenziose e occulte che, dinanzi al rischio di un’insurrezione popolare e di future norme restrittive, mostrano di avere fretta di incassare autorizzazioni e denari.

”Manina” informata

La scusa di questo ennesimo “colpo basso” è una legge-delega sulla concorrenza varata in pieno agosto di due anni fa, con l’obiettivo di radere al suolo anche gli ultimi ostacoli al “misfatto” eolico e fotovoltaico. L’intento dichiarato era quello di rendere più concorrenziali i mercati, in realtà il risultato è quello di un dispositivo legislativo destinato a “schiacciare” ogni difesa per Paesaggio, Ambiente e Beni Culturali. Ad ispirare il provvedimento è sempre una “”manina” sapiente e ben introdotta, profonda conoscitrice degli ostacoli che in questi anni si sono sovrapposti lungo il percorso dell’invasione eolica e fotovoltaica, da Saccargia a Barumini, da Sos Enattos a Florinas. Chi ha scritto la norma del “golpe” conosce perfettamente le sentenze dei Tribunali Amministrativi, soprattutto quello della Sardegna, che avevano fatto emergere la prevalenza dei valori ambientali e paesaggistici, culturali e archeologici, rispetto a quelli meramente economici e fintamente energetici messi alla base dell’attacco eolico alla Terra dei Nuraghi. Il testo incriminato è l’articolo tre del provvedimento spedito per “prassi” ai vertici parlamentari. Il contenuto è roba da “regime” eolico, dove con manu militari si cancella ogni resistenza, comprese quelle costituzionali. Recita il titolo dell'articolo incriminato: «Criteri di priorità e doveri delle parti». Più che criteri sono diktat, perentori e senza appello, più che doveri delle parti sono la totale sottomissione della parte pubblica agli affari privati. Scrivono dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Riforme: «In sede di ponderazione degli interessi giuridicamente rilevanti, è accordata priorità alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché allo sviluppo della relativa infrastruttura di rete e alla diffusione dell’energia da fonti rinnovabili».

“Regime” di Roma

Un «regime» appunto, come scrivono all’articolo uno del decreto-delega: «Il presente decreto definisce i regimi amministrativi per la costruzione ovvero l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili». Nel primo articolo ci hanno anche tentato di spacciare come “buonista” un preambolo “double face”, ma si sono smentiti subito dopo con quella formula scellerata del «è accordata priorità» a pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Il solo pensarlo sarebbe da considerare un vero e proprio agguato costituzionale ai valori fondamentali del Paesaggio e dei Beni Culturali, tutelati dalla stessa Carta delle leggi, figuriamoci avere il coraggio di metterlo nero su bianco in un decreto attuativo di una delega parlamentare.

«Massima diffusione»

L’affermazione contenuta nell’articolo uno non lascia spazio ad interpretazioni: «A tali fini persegue la massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili mediante la razionalizzazione, il riordino e la semplificazione delle procedure in materia di energie rinnovabili e il suo adeguamento alla disciplina eurounitaria». L’ordine è perentorio: «Lo Stato, le regioni, gli enti locali e qualunque altro soggetto coinvolto nelle procedure amministrative disciplinate dal presente decreto si adeguano alle disposizioni in esso contenute entro il termine di centoventi giorni dalla data della sua entrata in vigore. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale che si adeguano al presente decreto ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione». Insomma, anche se siete Regioni “speciali” vi dovete adeguare al “golpe” di Roma.

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