Le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione sull’alluvione di Olbia riscrivono la storia giudiziaria della tragedia (18 novembre 2013, sei persone decedute nella città gallurese). I giudici dell’ultima istanza fissano alcuni punti che riguardano sia i contenuto della decisione del Tribunale di Tempio (assoluzione per tutti gli imputati dall’accusa di omicidio colposo plurimo), sia il pronunciamento della Corte di Appello di Sassari (condanna del sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli e dei dirigenti comunali, Giuseppe Budroni e Antonello Zanda).

Intanto gli “ermellini” scrivono che il reato era già prescritto nel maggio del 2022, quindi i giudici di secondo grado avrebbero dovuto prendere atto della estinzione delle contestazioni. Ma i magistrati della Corte Suprema vanno oltre ed entrano nei merito del caso per quanto riguarda gli aspetti della responsabilità civile.

Viene stabilito che sul piano civile la responsabilità è in capo al sindaco di Olbia, all’epoca dei fatti Gianni Giovannelli, e alla amministrazione comunale. Perché, spiegano gli “ermellini”, non venne adottata «nessuna delle stringenti procedure che il Piano di Protezione comunale, seppure lacunoso, imponeva di attivare (in primo luogo la convocazione del COC, quale organismo in cui venivano concentrate tutte le componenti degli uffici responsabili in chiave prevenzionistica) ma, soprattutto, non venne adottata alcuna utile misura di prevenzione e di salvaguardia, pure previste dal Piano, a partire dall'informazione alla popolazione, se non il monitoraggio a macchia di leopardo dei rivi e dei canali». 

Per quanto riguarda invece le posizioni dei dirigenti comunali, Giuseppe Budroni e Antonello Zanda, la Cassazione stabilisce che non avrebbero dovuto essere chiamati in causa per il disastro (così come hanno sempre sostenuto i difensori, i penalisti Jacopo Merlini e Pasquale Ramazzotti). Budroni perché non era il titolare principale delle funzioni di Protezione Civile e non aveva potere decisionale, che erano del suo dirigente. Per Zanda invece vale un’altra argomentazione: non c’è alcuna prova scientifica del nesso di causalità tra la presunta mancata pulizia dei canali di Olbia e la maggiore invasività della piena del 18 novembre 2013. 

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