Si sono persi o si sono dileguati. Di certo non hanno gradito che quella visita sopralluogo, pianificata senza nemmeno la grazia di un minimo preavviso, sia finita in prima pagina. Avrebbero gradito silenzio e riservatezza per una missione che doveva restare segreta. Così non è stato. Quel foglio perentorio vergato nelle stanze ministeriali, finito nelle nostre mani, non poteva che scoperchiare un piano che Roma sta mettendo in atto con un vero e proprio “plotone di esecuzione” spedito in Sardegna per dare il via libera al più nefasto disegno distruttivo mai messo in campo sul mare sardo: la centrale eolica a mare della «Ichnusa Wind srl», con 42 pale eoliche per oltre 500 megawatt di potenza.

Se ne fregano

Fregandosene di Regione, Comuni, comitati e popolazioni, gli “inviati” di Gilberto Pichetto Fratin, il Ministro dell’invasione eolica e fotovoltaica dell’Isola, degno sostituto della squadra di Draghi e compagni nel Dicastero della fantomatica transizione ecologica, non ha perso tempo. Da quando la Presidente della Regione, lo scorso sette giugno, ha firmato quel patto scellerato con lo Stato per l’invasione eolica della Sardegna, con l’accettazione di una quota minima di 6.200 megawatt, più del triplo di quello spettante all’Isola, e lo scomputo da quel minimo del 100% per gli impianti a mare, il Ministero si è messo in moto per scaraventare nelle coste del Sulcis il primo dei più devastanti progetti di eolico offshore, quello nientemeno che dell’Eni, il più petrolifero degli enti di Stato.

I “sanpietrini” sapevano

A Roma lo sapevano anche i “sanpietrini” di Palazzo Chigi che il primo passe-partout per “scardinare” il mare sardo sarebbe spettato al più potente degli Enti di Stato. Un’operazione costruita in ogni dettaglio con la destrezza di chi è abituato a giocare sottotraccia, abile nel puntare su pochi ma autorevoli tavoli, capace come nessuno di imporre ad ogni parte politica le proprie volontà. A Cagliari, nelle stanze di Viale Trento, lo ignoravano solo gli sprovveduti. Tutti gli altri sapevano perfettamente che quell’assenso all’offshore, con tanto di sgravio spacciato come vittoria, era non solo un regalo bello e buono per i potentati petroliferi di Stato, ma rappresentava l’inizio della fine per il mare sardo. Non è passata nemmeno una settimana dalla pubblicazione del fantomatico «decreto sulle aree idonee» che Roma ha anticipato tutti i tempi, con l’obiettivo evidente di mettere a segno “il colpaccio” d’estate approfittando dell’ombrellone collettivo. Per farlo ha spedito nell’Isola-colonia ben sette “inviati” della Commissione Tecnica del Pnrr-Pniec, guidati da un Commissario referente, l’ingegner Roberto Bardari, con un compito tanto sconosciuto quanto improvvisato, viste le comunicazioni che pubblichiamo in questa pagina. Missive che appartengono più ad una “missione” segreta che ad una trasparente valutazione di un progetto tanto delicato quanto devastante per quel tratto di mare tra Carloforte e Portovesme, Nebida e Masua. Basta leggerle, le note spedite da Roma verso la Regione sarda: nessun preavviso, nessun calendario degli incontri, nessun orario, nemmeno uno straccio di ordine del giorno. Funzionari di Stato abituati a non bussare, inclini ad aprire la porta di casa altrui con la punta dei piedi piuttosto che con il tatto degli ospiti. Così è stato: l’unico appuntamento se lo sono dati per il giorno 4 luglio alle ore 11.00 nella sede dell’Autorità Portuale, la dependance di Stato in terra sarda. Lo schiaffo di Roma, la Regione, lo mette nero su bianco nella missiva che invia ai Sindaci, qualche ora prima del fantomatico sopralluogo: «Si comunica altresì che al momento non sono note, a questa Direzione Generale, le modalità di svolgimento dello stesso sopralluogo, le quali verranno fornite prontamente, non appena acquisite». Come dire, non sappiamo niente di quel che verranno a fare, nè dove, nè quando. Insomma, una sorta di clandestina prova generale della colonizzazione eolica del mare della Sardegna. Un dato è certo: nei Palazzi del potere hanno fretta. Per due motivi, soprattutto. Il primo: il Pnrr sta per esaurirsi e il Governo vuole impegnare il massimo delle risorse. Il secondo: da qui a poco ci sarà la prima “gara” per l’assegnazione dei miliardari incentivi per l’offshore. L’Eni, con la sua compagine altolocata, compresa Cassa Depositi e Prestiti, e i fondi stranieri della «Copenaghen Infrastrutture», non vuole arrivare fuori tempo massimo. Per questa ragione in Sardegna hanno inviato un vero gruppo di “tifosi” dell’offshore, tutti membri della Commissione, a partire dal Commissario referente. Soggetti che non disdegnano, anche pubblicamente, a partire dai propri social, di esultare per l’approvazione del primo progetto eolico offshore italiano, quello nelle coste siciliane. Comportamenti da “curva sud” dell’eolico a mare da parte di uomini con incarichi pubblici che bene farebbero ad astenersi da plateali “festeggiamenti” su progetti pur sempre di natura privata e mai lontani dalla speculazione finanziaria ed energetica.

Scappati

Essere “scappati” da qualsiasi confronto, aver evitato qualsiasi contatto con le amministrazioni comunali, aver tentato di far passare questo sopralluogo come un fugace cartellino da timbrare, manifesta in maniera esplicita la volontà di portare a casa il risultato senza perdere troppo tempo. Del resto, sarebbe da stolti pensare che quest’operazione sia figlia dei sobborghi della politica. I soggetti in campo sono espliciti, sono i più potenti e nelle stanze del potere entrano attraversando i tappeti rossi. Figuriamoci se qualcuno si pone il problema di salvaguardare la rotta del “tonno rosso” di Carloforte, la storia secolare della pesca di questo territorio, la navigabilità di quel tratto di mare, o peggio ancora lo skyline dell’orizzonte marino che sarebbe deturpato per sempre da 42 gigantesche pale eoliche alte quasi 300 metri visibili da ogni angolo della costa. Una devastazione paesaggistica senza precedenti, un colpo letale per la speranza turistica di quest’area geografica da sempre dilaniata dall’ingordigia dell’Eni, capace di sfruttare all’inverosimile le viscere profonde e nel contempo inquinare in maniera irreversibile ogni superficie terrestre.

Toccata e fuga

I commissari di Roma, quindi, non avevano tempo da perdere. Si sono limitati a lasciare agli atti un sopralluogo da “toccata e fuga”, qualche anonima ora in terra sarda per giustificare quel parere che i vertici romani hanno già scritto. Del resto, vedere alcuni commissari “trionfare” alla notizia dell’approvazione del progetto siciliano di «7Seas Med», la sorella più piccola della «Ichnusa Wind srl», lascia comprendere che anche la storia di questo progetto sardo è segnata. Gli interlocutori sono esattamente gli stessi: con la differenza che il progetto siculo, con 20 pale e 250 megawatt di potenza, è meno della metà di quello sardo. Tutte analogie evidenti: il progetto siculo «7 Seas Med», come quello da piazzare nel mare di Carloforte, è stato presentato da “GreenIT”, la joint venture italiana per le energie rinnovabili tra “Plenitude” Eni e “CDP Equity” e “Copenhagen Infrastructure Partners”. Nelle carte di questo progetto, però, si celano infiniti ostacoli, a partire dall’unanime contrarietà di tutte le comunità locali, compresi i Sindaci da tempo schierati apertamente contro questo nefasto stravolgimento ambientale, paesaggistico, economico e strategico del Sulcis Iglesiente. Nel dossier, poi, non mancano “guerre d’affari” tra colossi, interessi tutti da scoprire e persino “missili aria-aria”.

(1.continua)

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