Casa Newton: in Val d’Orcia, un’antica casa di campagna diventa una maison d’hôtes

Natura, storia, arte e bellezza convivono in una residenza secolare che cattura l’essenza più intima della Val d’Orcia. Un’originale “maison d’hôtes” dove ritrovarsi. Benvenuti a Casa Newton.
Piscina in pietra con ombrelloni rosa.
La piscina di Casa Newton.Alessandro Moggi

Casa Newton, in Val d’Orcia, è un luogo dove riscoprire il ritmo lento

La mela che cade. E poi la legge della gravitazione universale. Un’intuizione epocale, quella di Isaac Newton, fatta all’ombra di un melo. Se la storia insegna che dall’ozio possono nascere grandi idee, qui a Casa Newton, nuovo progetto ricettivo nel cuore della Val d’Orcia, la slow life è l’unico concetto di vita da portare avanti.

Casa Newton è immersa tra le colline della Val d’Orcia.

Alessandro Moggi

Casa Newton è immersa tra le colline della Val d’Orcia.

Alessandro Moggi

Una casa con vigneto tra le dolci colline toscane

«A 25 anni mi sono trasferita qualche mese a Firenze per imparare l’italiano, e mi sono innamorata della Toscana», racconta Antonie Bertherat-Kioes, architetto e interior decorator di origine svizzera. «Dodici anni fa io e mio marito Philippe abbiamo realizzato un sogno di gioventù comprando una casa con un vigneto tra le colline che circondano Pienza (oggi l’azienda di vini biologici Fabbrica Pienza, ndr). Anni dopo, abbiamo investito sui terreni vicini, compresa una secolare residenza rurale. Da lì, l’idea di un piccolo boutique hotel immerso nel lusso discreto, curato sin nei minimi dettagli».

Una delle stanze di Casa Newton.

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Armadio della suite Sofia su disegno di Bertherat-Kioes. Lampada Servomuto, letto Elite, parete in tessuto di Chiarastella Cattana.

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I pezzi di modernariato e i rivestimenti alle pareti ravvivano lo spazio e conferiscono agli interni un’atmosfera di lusso discreto e al tempo stesso ricercato.

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La casa degli eredi di Newton

Tre anni di cantiere e finalmente il boutique hotel Casa Newton, sotto la guida di Bertherat-Kioes, insieme all’architetto Jacopo Venerosi Pesciolini e al paesaggista Luciano Giubbilei, prende la sua forma. «La dimora fu costruita originariamente da Gervasio Newton e fu terminata nel 1846. Lui e i suoi 10 fratelli e sorelle erano lontani eredi di Isaac Newton», spiega la proprietaria. L’hotel diventa così un omaggio al luogo e alle origini di chi ci ha abitato: le 11 camere dall’interior design ricercato hanno i nomi degli 11 Newton.

La piscina di Casa Newton.

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Vista dall’alto della piscina.

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Vista del tramonto dalla piscina.

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L’infinity pool, completamente ricostruita, mantiene la stessa superficie dell’originale, ed è rivestita in piastrelle di cotto etrusco realizzate manualmente.

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Vista aerea della piscina a sfioro.

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Il progetto architettonico e di design

L’impresa però non è facile come sembra. «Per prima cosa, ho recuperato gli spazi, disegnato una scala che collegasse i 3 piani dell’edificio principale, la storica Villa Newton, un nucleo centrale con 9 camere da letto», spiega l’architetto. Al piano terra troviamo le due suite con outdoor semi-privato, la lounge, un salotto con camino e un bar. Al primo piano, 3 stanze affacciate sulla terrazza e una piccola biblioteca, dove c’è l’unica tv del complesso. Al secondo piano invece sono state ricavate altre 4 camere. Le 2 restanti junior suite sono state realizzate dagli ex annessi colonici, che si sviluppano intorno alla vecchia aia, dove oggi cresce un giardino spontaneo. Fuori, il rosso cantoniera contrasta con il verde curato dal paesaggista Giubbilei, che ha restaurato il giardino antico e aggiunto una pergola con vista sul Monte Amiata.

L’interno di una delle sale di Casa Newton.

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Gli interni del bar, tra design vintage, arredi imbottiti e preziose carte da parati.

Alessandro Moggi

L’interior design punta su materiali locali tipici della zona, come i pavimenti in cotto variegato, rivisitato con un disegno moderno. I tessuti artigianali che rivestono le pareti scaldano gli ambienti con delicatezza, e mettono in risalto gli arredi su misura disegnati da Bertherat-Kioes. Le opere di modernariato qui si mescolano ai pezzi contemporanei, alle applique anni ’70, ai tessuti Dedar e alle icone intramontabili di design. Tante sono anche le opere d’arte, selezionate dagli stessi proprietari: Lucio Fontana, Carla Accardi, Giosetta Fioroni, Ed Ruscha e Joseph Kosuth, fino all’opera site-specific firmata da Ugo Rondinone, un megalite di oltre cinque metri all’ingresso di Fabbrica Pienza.

Il sofa disegnato su misura e rivestito in tessuto Pierre Frey si inserisce dolcemente nella struttura della scala a spirale, realizzata ad hoc per collegare i tre piani di Casa Newton.

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Parete in tessuto Dedar, coppia di sedie Ico Parisi degli anni ’50.

Alessandro Moggi

Tra natura, arte e cibo

Arte e natura si incontrano in un’unica “casa”. Con la bella stagione, si fa il bagno nella piscina a sfioro proiettata verso l’orizzonte di terrazze a balze e di vigneti toscani. A colazione e per il lunch, a Casa Newton si assaporano i piatti realizzati con i prodotti dell’orto. In autunno poi, quando fuori il paesaggio si imbrunisce, nei salotti di Casa Newton si accendono i camini, e i racconti della caccia al tartufo nei boschi diventano argomenti di conversazione davanti al fuoco. Pronti a rallentare il passo, una mela alla volta.

Uno dei piatti della chef Sara Scaramella.

Alessandro Moggi

Ad occuparsi della cucina c’è la chef Sara Scaramella che ha portato la sua idea di cucina, che mette al centro le materie prime del territorio, a Casa Newton. La chef si è trasferita in Toscana da Roma, insieme alla sua compagna Sabina De Gregori nel 2018 per aprire Il Fondo, un ristorante all’interno dell’Abbadia sicille, borgo fondato dai templari al confine tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana.

Interni di Casa Newton.

Alessandro Moggi

Fabbrica Pienza, l’Art Winery che sperimenta

In lontananza, dalle finestre della vostra accogliente camera di Casa Newton, ma anche dalla piscina a sfioro, potrete intravedere un megalite di oltre cinque metri che si staglia all’orizzonte. È l’opera è un lavoro dell’artista svizzero Ugo Rondinone. Commissionata dalla famiglia Berherat per la loro azienda vinicola Fabbrica Pienza, oggi ne è diventata il simbolo riconoscibile. Anche l’architettura dell’azienda, che dal 2015, produce pregiati vini naturali, 100% biologici, è decisamente iconica: si tratta di una costruzione rettangolare dal sapore brutalista realizzata in mattoni Petersen Tegl. Al suo interno, si coltiva un rapporto intimo con l’innovazione: un concetto che va al di là di moderni sistemi di raffreddamento, di millimetrici controlli d’umidità, grazie all’utilizzo di vasche di cemento e botti grandi. «I principi della vinificazione sono gli stessi da millenni”, spiega l’enologo Tim Manning. «Il vero motore del cambiamento è la necessità di trasformare ispirazioni provenienti dal mondo del vino in bottiglie uniche, spesso in edizioni limitata, che ci raccontano dove andremo in futuro». Nato a Manchester e cresciuto a Liverpool, Manning ha viaggiato per il mondo come enologo, lavorando a Martinborough, Nuova Zelanda, e in Oregon, Stati Uniti. Nonostante tante tappe, sapeva fin dall’inizio che la destinazione della sua vita sarebbe stata la Toscana. Nel 2020 ha iniziato a scrivere un nuovo capitolo del percorso di Fabbrica Pienza, portando in azienda la sua visione e contribuendo a perfezionare il percorso enologico fin qui sviluppato dalla Tenuta.

Fabbrica Pienza, dove spicca l’opera di Ugo Rondinone. Arte e Manifattura, qui di integrano in un connubio perfetto. Fabbrica Pienza ha già nel nome le radici della sua identità, figlia del suo territorio e circoscritta dalle mura di una ex fabbrica. Anche Il logo nasce da un'interpretazione dello spazio e del reticolo topografico che circondano i vigneti, con la cantina al centro. Un confronto e un dialogo fra il bello e l’utile che parte dalla purezza distillata delle linee architettoniche e giunge fino al vino.GABRIELE GALIMBERTI
Fabbrica Pienza nasce nel 2013 con il solo obiettivo di creare vini speciali e puristi, sperimentando e trovando una felice sintesi fra luogo, storia e persone. In sintesi, Terroir.Gabriele Galimberti
Fabbrica PienzaGabriele Galimberti
Fabbrica PienzaEdoardo Delille
Fabbrica Pienza, con la sua imponente struttura monolitica, è un'azienda relativamente nuova, costruita su un'antica tenuta di proprietà degli eredi Newton. Da qui viene fuori la gamma del Sangiovese: frutti rossi, terra polverosa e tannini persistenti, ma con eleganza e slancio. Questo, osserva Tim Manning, l’enologo e creatore di tutti i vini che vengono prodotti qui, è ciò che è innato nell'uva nobile della Toscana, ma troppo spesso nascosto da un eccesso di estrazione, zolfo e rovere.Edoardo Delille
Fabbrica Pienza è un’azienda vinicola in Val d'Orcia che si svela pienamente solo quando coinvolge tutti i sensi. “Per questo motivo offriamo la possibilità di conoscerla con puntuali momenti di degustazione, oppure con tour completi in cui l'esperienza parte dai profumi dei vigneti, passa dalle linee pulite della cantina e arriva fino a degustazioni complete di tutti i vini, incluse le vecchie annate”.GABRIELE GALIMBERTI
Fabbrica Pienza ha un rapporto intimo con l’innovazione: un concetto che va al di là di moderni sistemi di raffreddamento, di millimetrici controlli d'umidità. Vengono usate vasche di cemento e botti grandi; i principi della vinificazione sono gli stessi da millenni. “Il vero motore del cambiamento è la necessità di trasformare ispirazioni provenienti dal mondo del vino in bottiglie uniche, spesso in edizioni limitata, che ci raccontano dove andremo in futuro”, dicono dall’Art Winery.GABRIELE GALIMBERTI
Fabbrica PienzaGabriele Galimberti

Un dettaglio degli interni.

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Dettagli decorativi degli interni.

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Un lampadario degli anni ‘60 illumina la scala che collega i tre piani.

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Una delle suite di Casa Newton.

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Uno dei bagni delle suite di Casa Newton.Alessandro Moggi

Vista di uno dei bagni delle camere di Casa Newton.

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Anche nelle suite il pavimento è rivestito in mattonelle di cotto, tipiche delle case toscane.

Alessandro Moggi

Il giardino di Casa Newton, il cui progetto è stato curato dal paesaggista Luciano Giubbilei.

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Vista aerea del giardino.

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Casa Netwon sorge all’interno di una secolare residenza rurale.

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«La dimora fu costruita originariamente da Gervasio Newton e fu terminata nel 1846. Lui e i suoi 10 fratelli e sorelle erano lontani eredi di Isaac Newton», spiega la proprietaria.

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Una delle suite di Casa Newton.Alessandro Moggi