Una casa piccola e modesta diventa una dimora-galleria dall’allure brutalista.
“La casa si trova in un ex quartiere povero di Porto, ma un quartiere in divenire. Mio padre è di origine portoghese e, al momento dell’acquisto, stavo ritrovando le mie radici paterne”, racconta François Leite. “Mi sono imbattuto in questa casa che era stata ristrutturata molto male, senza autorizzazione, qualche anno fa. Era una casa piccola e molto buia, senza servizi...”. Ma poi, durante la sua prima visita, l’architetto ha scoperto un piccolo bosco di rampicanti e vegetazione sul retro della casa, con un pezzo di roccia che emergeva, ed è stato amore a prima vista. Da lì è iniziato il lavoro di progettazione, “un processo piuttosto lungo, perché non è facile quando si tratta della nostra casa, i compromessi non sono gli stessi”.
Soprattutto, per François Leite è stata l’occasione per trasporre qui le sue ambizioni in materia di edilizia abitativa e progettazione architettonica. All’epoca lavorava da dieci anni in un’agenzia di pianificazione urbana, su una scala diversa. “Era il momento giusto per confrontarmi con un sito più sperimentale e ‘robusto’, nel senso che lo sviluppo sostenibile può essere valutato in termini di impatto sull'ambiente. Lo sviluppo sostenibile si misura in termini di produzione di energia e di materiali utilizzati per la ristrutturazione, oltre che in termini di longevità dei locali su cui l’architetto sta lavorando, la longevità dei luoghi che creiamo attraverso la modularità degli spazi - in questo caso un luogo per vivere, lavorare ed esporre per giovani artisti - in relazione alle persone che vi abiteranno, a quelle che vi abiteranno dopo, e poi ancora dopo, senza dover rifare alcun lavoro. Ciò richiede spazi aperti e modulari, ma anche la predisposizione di ulteriori punti di approvvigionamento idrico ed elettrico. Spesso penso a una casa come a una potenziale galleria, un luogo per una festa o un evento artistico che potrebbe essere affrontato in modo diverso”.
Immergersi nello spazio
La prima fase della ristrutturazione è consistita nella creazione di un piccolo patio, sia minerale che vegetale, per aggiungere fascino all’edificio, che ne era privo. François Leite ha mantenuto il volume esistente, non modificando né il tetto né la facciata. Nel dissodare il terreno, si è reso conto che la roccia era immensa e che è sovrastata da un bellissimo muro a secco che sostiene il terreno più alto dietro la casa, che si trova su una vecchia cava di granito utilizzata per costruire la chiesa accanto. La casa è una ilhas, una tipica abitazione operaia apparsa a Porto nel XIX secolo e comprende un passaggio, una sorta di vicolo che conduce al retro di ogni lotto dalla strada. Il vecchio proprietario lo ha coperto, quindi il passaggio, chiuso sul lato della strada, consente di risparmiare qualche metro quadrato in più, quasi 60.
Creare un’atmosfera
Per far arrivare la luce nel cuore della casa, il muro di mattoni che si affaccia sul patio è stato sostituito da una grande porta in cemento che poggia su tre pilastri, tra i quali si trova una grande bow window che si apre sulla roccia e una porta-finestra vetrata che crea un passaggio. François Leite ha ideato una soglia con il mondo esterno creando una panca in cemento granito proprio di fronte alla baia. Questa sorta di engawa giapponese interna estende visivamente il piccolo giardino e diventa uno spazio dove riposare, sdraiarsi e incontrarsi, ridisegnando completamente lo spazio della grande stanza. Un altro elemento di spicco è la parete sul lato. “Non è in mattoni ma in pietra di granito, scoperta sotto diversi centimetri di strati di piastrelle e cemento”. Poi è seguito uno scavo “quasi archeologico” per preservarla e rivelare “l’anima della casa”. Spogliata, è stata rilavorata in modo tradizionale, con piccole pietre incastrate tra quelle grandi e le fughe ricostituite con una miscela di calce e argilla come in passato.
Per il resto, tutte le strutture non in pietra sono state eliminate, liberando e semplificando lo spazio. La zona giorno presenta un’area salotto su un lato e una cucina aperta sul lato opposto della strada. Tra le due si trovano la zona pranzo e la scala che conduce alla zona notte, incorniciata da due porte a specchio. La cucina è volutamente semplice, tutta bianca con marmo portoghese, quasi minimalista. Sia il pavimento che la panca engawa sono in cemento con ciottoli bianchi, un granito resistente e brutalista. L’antico passaggio che dalla strada portava al patio chiuso è stato trasformato, sul lato della cucina, in una toilette a sinistra e in un ripostiglio a destra, mentre sul lato del soggiorno un bagno si apre sul giardino, come una doccia esterna. Aprendosi sul soggiorno, il pavimento si alza fino alla base delle pareti in un alto battiscopa e le pareti in ceramica a tinta unita in stile azulejo danno l’impressione di un muro esterno, nello spirito di questo antico passaggio. Le porte a specchio con telaio in acciaio si fondono con la parete in pietra per un tocco contemporaneo. Si aprono in entrambe le direzioni, rispecchiando entrambe le superfici, con la porta del bagno che riflette il patio quando è aperta sul lato del soggiorno.
Giocare con la luce
Il soppalco con travetti di cemento verniciati di bianco non tocca né la parete esterna della cucina né quella dell’ampia bow window del soggiorno, creando una doppia altezza alle due estremità. Le pareti bianche diffondono la luce intensa della cucina e quella più verde del patio. Tutti i mobili sono stati acquistati da antiquari e negozi di seconda mano di Porto: una sedia di Alvar Aalto, un tavolino da caffè in marmo brasiliano, una vecchia credenza portoghese, una sospensione vintage in vetro a bolle di Helena Tynell e Heinrich Gantenbrink e una sedia da ufficio del 1940/1950. Piccoli collage di Serena Barbieri, tele non montate, un vaso e una scultura di Victor Marqué, due artisti che hanno uno studio non lontano dalla casa, completano il tutto, insieme a una scultura/applique in terracotta dello stesso François Leite. L’accostamento di granito e cemento è riscaldato dal legno dei mobili, e nella camera da letto, da un sistema di scaffali che lascia entrare la luce che arriva da fuori, e funge da ringhiera traforata.
In uno stile minimalista che si tinge del brutalismo che identifica il suo lavoro, François Leite lascia vivere la struttura esistente, la mette in risalto e, soprattutto, preserva il genius loci di questa graziosa casa piccola di città.
Articolo originale pubblicato su AD Francia, adattato da Paola Corazza.
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