Storia del fumetto

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Una tavola originale di Little Nemo, opera di Winsor McCay (1905).

Le origini del fumetto si fanno risalire al personaggio di Yellow Kid creato dal disegnatore statunitense Richard Felton Outcault e pubblicato a partire dal 1895 sul supplemento domenicale del New York World.[1] Tuttavia queste origini sono dibattute e legate a come il fumetto viene definito. Se infatti lo si definisce semplicemente come una "narrazioni per immagini" - il testo non è strettamente necessario - allora si può far risalire già ai graffiti preistorici; anche la colonna traiana, o molti affreschi, mosaici e vetrate che adornano chiese e palazzi, o le miniature e le stampe che adornano i testi antichi, possono essere viste come "narrazioni per immagini". Nell'arte medievale era inoltre consuetudine la narrazione di storie attraverso una sequenza di disegni con lo scopo principale di renderli intelligibili anche alla popolazione analfabeta. Era inoltre diffusa anche la pratica di scrivere parole uscenti dalle bocche di alcuni personaggi, in modo da dare un'idea di ciò che stessero dicendo.[2][3][4] Questa concezione così ampia è tuttavia incorsa in numerose critiche. È stato infatti notato come il fumetto sia pensato per una fruizione di massa: non solo cioè riprodotto in più esemplari, come erano già i libri antichi e le loro incisioni (e si può a tal proposito notare come noi consideriamo fumetti solo le opere stampate e non le tavole originali di cui sono riproduzioni), ma anche concepito per raggiungere un vasto pubblico.[5] Inoltre, pur avendo le sue radici nella millenaria tradizione delle arti figurative e letterarie, il fumetto ha un suo specifico linguaggio. La codifica degli elementi specifici di questo linguaggio ha una sua considerevole importanza anche da un punto di vista storico: a seconda di ciò che viene ritenuto essenziale di tale linguaggio la valutazione di cosa si debba considerare fumetto e, di conseguenza, di quando questo sia nato, cambia. Tuttavia la varietà degli elementi espressivi adottati da ciò che viene comunemente identificato come fumetto è talmente vasta che ogni tentativo di trovare uno o più elementi specifici si è rilevato infruttuoso.[6]

Nella storia
Antico affresco con scene sequenziali (TT52; Egitto, XIV secolo a.C.).
Rilievi nel monumento coclide del trionfo di Traiano sulla Dacia, con una rappresentazione circolare degli eventi bellici descritti (Roma, Italia).
Particolare dell'Arazzo di Bayeux (Francia, XI secolo).
L’Annunciazione di Simone Martini (Italia, 1333).
Dipinto di Bernhard Strigel risalente all'incirca al 1506-07 (Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza).


Le origini ― XIX secolo

[modifica | modifica wikitesto]
Tavole disegnate nei secoli passati
Un antenato del fumetto: la Biblia Pauperum.
Storia per immagini con didascalie (xilografia; Paesi Bassi, 1720).

Ricerche hanno riscoperto una considerevole quantità di esempi precedenti al personaggio di Outcault. Così molti studiosi, talvolta mossi anche da sentimenti nazionalistici, sulla base di una documentazione storica poco considerata in precedenza, hanno messo in discussione tale data di nascita come frutto di una pura "convenzione".[7] Alla luce di queste scoperte si è sempre più palesato come la tradizione di far risalire la nascita del fumetto all'opera di Outcault origini dal libro The Comics[8][9] pubblicato nel 1947 da Coulton Waugh, probabilmente il primo testo sui fumetti e la loro storia mai pubblicato. In questo testo l'autore sostiene la tesi che i fumetti siano un'arte autoctona americana nata appunto con il personaggio di Outcault.[8]

La tesi di Waugh non ha retto a fronte degli studi successivi,[10] tuttavia alcuni studiosi - in Italia Franco Fossati[11] e Gianni Brunoro[12] - continuano a ritenere sensato considerare convenzionalmente Yellow Kid il primo fumetto nel senso moderno del termine in quanto, se pure è vero che molte storie e personaggi pubblicati prima hanno un linguaggio già sviluppato e alcuni di loro hanno ottenuto anche un rilevante successo editoriale (Ally Sloper ebbe, a partire dal 1884, un albo a lui dedicato), nessuno di questi avrebbe dato origine, a differenza del personaggio di Outcault, a quel fenomeno culturale, editoriale, di costume che è il fumetto.[13] I precursori apparirebbero così piuttosto come una variegata costellazione di fenomeni più o meno isolati e solo con Yellow Kid gli editori statunitensi cominceranno a puntare su questo nuovo modo di comunicare, generando così, nell'arco di pochi anni, un vero e proprio fenomeno editoriale che dagli Stati Uniti verrà esportato in tutto il mondo generando, inoltre, le polemiche sulla sua presunta diseducatività, sintomo della rilevanza sociale e culturale ormai attribuita ai fumetti, e che hanno poi accompagnato a lungo la loro storia. In tal senso Yellow Kid è stato il primo personaggio «a prendere coscienza di sé».[11]

Rodolphe Töpffer Histoire de M.Cryptogame (1845).

Fra i precursori antecedenti ad Outcault si rileva che il noto illustratore svizzero Rodolphe Töpffer nel 1827 realizzò una storia composta da immagini in successione accompagnate da didascalie, dal titolo Histoire de M.Vieux Bois a cui, negli anni successivi, fecero seguito altri racconti simili. Solo nel 1833 Töpffer si convinse, anche grazie ai consigli di Goethe, a far pubblicare una di queste storie: l'Histoire de M. Jabot (1831). Il buon successo riscontrato lo convinse a pubblicare anche altre storie per immagini, fra le quali l'Histoire de M.Crèpin e Le Docteur Festus apparse rispettivamente nel 1837 e nel 1846. L'Histoire de M.Vieux Bois vide luce anch'essa nel 1837 e, nel 1842, venne pubblicata anche negli Stati Uniti col titolo The adventures of Obadiah Oldbuck. Sono in molti a considerare l'autore ginevrino il primo vero fumettista.[14][15][16]

In Germania la rivista umoristica Fliegende Blätter fu un'autentica fucina di precursori. Sulle sue pagine apparve, tra l'altro, quella che è stata poi considerata una delle più importanti saghe "proto-fumettistiche", Max und Moritz creati nel 1865 da Wilhelm Busch.

In Inghilterra venne pubblicato Ally Sloper,[17] scritto da Charles Henry Ross e disegnato da sua moglie Isabelle Emilie de Tessier, sotto lo pseudonimo di Marie Duval. Esordito sulla rivista umoristica Judy il 14 agosto 1867 riscontrò un tale successo che, a partire dal 3 maggio 1884, gli fu dedicato un settimanale, l'Ally Sloper's Half-Holiday.

In Francia si ebbe Amédée de Noé in arte Cham che nel 1839 pubblicò il volume Histoire de Mr. Lajaunisse considerato il primo albo a fumetti francese,[18] e Georges Colomb, in arte Christophe, che, tra il 1889 e il 1893, pubblicò una serie di storie illustrate per il settimanale Le petit français.

Anche negli Stati Uniti, prima di Yellow Kid, il disegnatore James Swinnerton iniziò la pubblicazione, a partire dal 1892, sul San Francisco Examiner, di vignette con protagonisti degli orsacchiotti, che ottennero un tale successo che, dal 2 giugno 1895 (a ridosso quindi della prima apparizione di Yellow Kid), furono trasformati in una vera e propria serie dal titolo Little Bear Tykes. Swinnerton introduce così per la prima volta una serie con protagonisti pupazzi a forma di animali, archetipo di un genere di narrazione, quello degli animali antropomorfi, che avrà grande fortuna nella successiva storia del fumetto.[19]

L'italiano Angelo Agostini, emigrato in Brasile, nel 1864 fondò la rivista Diabo Coxo ricca di storie illustrate da lui stesso scritte e disegnate.[20]

Outcault inizierà la sua collaborazione col New York World nel 1884 per volontà del proprietario Joseph Pulitzer che intendeva dare nuova linfa al supplemento domenicale a colori del giornale. Il supplemento esordì il 4 aprile 1883 e inizialmente proponeva riproduzioni di capolavori dell'arte. L'iniziativa non riscosse il successo sperato e Pulitzer ingaggiò Outcault per affidargli in un primo momento una serie di illustrazioni a carattere naturalistico. Anche questo nuovo corso non trovò il sostegno dei lettori così, il 5 maggio 1885,[21] inizierà la pubblicazione della serie Hogan's Alley ambientata in un ghetto di periferia popolato da strani personaggi che vivono ai margini della società. Fra questi fa la sua apparizione un bambino calvo con un lungo camicione inizialmente blu e poi giallo. In un primo momento il bambino è solo un personaggio marginale della serie ma ben presto, dal 5 gennaio 1896, ne diventerà protagonista. In questi primi mesi di pubblicazione la serie non ha ancora trovato un suo linguaggio definito: i testi appaiono dentro cartelli e la prima nuvoletta esordirà il 16 febbraio 1896 (è un pappagallo che esclama «Sic em towser»), mentre Yellow Kid rimarrà muto fino al 15 marzo di quello stesso anno, quando sul suo camicione apparirà la scritta «Artillery». Mickey Dugan, il suo nome come si apprende dalla vignetta del 23 agosto 1896, continuerà a parlare attraverso il suo camicione fino al 25 ottobre, quando, per la prima volta, parlerà per mezzo di una nuvoletta.

Grazie alle vignette di Hogan's Alley le vendite dell'edizione domenicale del New York World registreranno in breve tempo un notevole incremento. William Randolph Hearst, editore del New York Journal, che contendeva con il World il primato sulla stampa newyorkese, riuscì a strappare Outcault al suo concorrente offrendogli un contratto più vantaggioso. Il 25 ottobre 1896 Yellow Kid passerà sul Journal. Pulitzer tuttavia, contando sul fatto che all'epoca le leggi sul diritto d'autore erano ancora molto vaghe, continuò a pubblicare il personaggio affidandolo al disegnatore George Luks.[22] Yellow Kid sarà così il primo personaggio della storia del fumetto a non essere più realizzato dal suo autore, caratteristica che in seguito diverrà tipica della grande maggioranza dei personaggi. Verrà pubblicato nelle sue due differenti versioni fino al 1898 quando nel giro di poche settimane verrà sospeso da entrambi i giornali per via delle polemiche causate dalla sua critica feroce ed anticonformista. Nonostante la sua breve vita editoriale, Yellow Kid diventerà una piccola celebrità che mostrerà agli editori statunitensi tutte le potenzialità commerciali delle strisce a fumetti. Da qui in poi sarà un continuo proliferare di nuove serie e nuovi personaggi.

Il successo di Yellow Kid portò alla nascita di altri personaggi come Happy Hooligan di Frederick Burr Opper, (1896 o forse nel 1899), i Katzenjammer Kids di Rudolph Dirks nel 1897; lo stesso Outcalt nel 1902 crea Buster Brown, nel 1904 esordisce Newlyweds di Geo MacManus, autore nel 1913 anche di Jiggs e Maggie della serie Bringing Up Father, Little Nemo di Winsor McCay nel 1905, The Gums (1917) di Sidney Smith e Gasoline Alley (1919) di Frank King. Al fine di commercializzare e distribuire i fumetti nel mondo, nel 1914 Hearst fonda la King Features Syndicate.[9][23]

In Gran Bretagna la tradizione risale ad autori come Hogarth, Searle e Steadman. Si ha, dalla fine del seicento all'inizio del settecento una vasta attività di caricaturisti.[23]

Durante il XX secolo il fumetto cresce e si evolve non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa che non si limita a importare la produzione di autori americani ma ne produce di propria. Nella seconda metà del Novecento il fumetto continua la sua evoluzione raggiungendo elevati livelli qualitativi, sia espressivi che di diffusione, avvalendosi del progresso tecnico e l'influenza del cinema.[23][24]

Stati Uniti d'America

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del fumetto statunitense.

Nei primi decenni del novecento esordiscono personaggi destinati a enorme successo come Felix the Cat di Pat Sullivan (1917), Mickey Mouse di Walt Disney e Ub Iwerks (1928) che, nato per il cinema d'animazione, esordirà anche sulla carta stampata nel 1930, Popeye di Elzie Crisler Segar (1929) e Betty Boop di M. Fleischer (1931). Intanto le popolarissime serie di ambientazione domestica e familiare come Bringing Up Father sono sempre più amate e pubblicate. Fra gli anni trenta e quaranta, grazie a un nutrito staff di autori, si espande l'universo di Topolino con nuovi personaggi destinati a grande successo come Paperino, Pippo e Paperon de' Paperoni. Inoltre nascono e si attestano le strisce avventurose come Tarzan di Edgar Rice Burroughs, Buck Rogers di Dick Calkins (1929), Dick Tracy di Chester Gould (1931), Cino e Franco, Tim Tyler e Spud Slavin di L. Young (1932), Brick Bradford (1933), Flash Gordon di Alex Raymond, autore anche di Agente segreto X-9 da un soggetto di Dashiell Hammett, Radio Patrol di Sullivan, Mandrake e The Phantom di Lee Falk, Superman di J. Siegel nel 1938, e Prince Valiant di Harold Foster. Fra le serie del filone delle vicende familiari esordiscono Blondie di Chic Youngs (1930), Li'l Abner di All Capp (1934), Jean di Norman Pett del 1932.[23]

Le serie a fumetti vengono pubblicate o in forma di tavola domenicale come supplemento settimanale dei quotidiani ma anche giornalmente come strisce dal lunedì al sabato e il loro successo portò alla nascita dei comic book, albi periodici a colori di piccolo formato che presentano storie di vecchi e nuovi personaggi. Con l'entrata poi in guerra degli Stati Uniti, i fumetti diventano anche strumento di propaganda[23] e i nemici nazisti compaiono direttamente come avversari di personaggi già affermati, come Topolino nelle strisce realizzate da Bill Walsh e Floyd Gottfredson,[25] che di nuova realizzazione, come Capitan America[26][27] edito dalla futura Marvel Comics e nato espressamente come elemento di propaganda per rappresentare un'America libera e democratica che si opponeva a un'Europa imperialista e bellicosa e riscuotendo subito un enorme successo[28] arrivando a vendere del primo numero della serie quasi un milione di copie[29] così come anche il Capitan Marvel della futura DC Comics.[23]

Molte delle serie a strisce esordite negli anni trenta continuano a essere pubblicate con successo.[24] Con il debutto di Superman nel 1938, inizia un periodo particolarmente fortunato per l'editoria a fumetti noto come Golden Age,[30] nel quale, grazie al successo del personaggio di Superman, primo supereroe dei fumetti, portò alla proliferazione dei supereroi e dal 1939 al 1941, vennero creati supereroi tuttora famosi come Batman e Robin, Wonder Woman, Flash, Lanterna Verde editi dalla DC Comics mentre la Timely Comics fece esordire la Torcia Umana originale, Namor, inoltre ci furono Capitan America della Fawcett Comics e Capitan Marvel il quale, dalla metà degli anni quaranta, arrivò a vendere circa 1.4 milioni di copie per numero.[31] Will Eisner raggiunse il successo con the Spirit, supereroe sui generis pubblicato dal 1940 al 1952, e più volte ristampato in tutto il mondo.[32]

Negli anni cinquanta venne introdotto il Comics Code Authority, organo di autocensura degli editori di fumetti.

Oltre ai supereroi pubblicati nel formato comic book, continuarono a essere pubblicati fumetti a strisce nei quotidiani, sia di vecchie serie esordite nei decenni precedenti che nuove realizzazioni come Peanuts di Charles M. Schulz esordita nel 1950 distribuita da United Feature Syndicate, società di distribuzione fondata nel 1931; la striscia raggiunse un successo planetario venendo pubblicata fino alla morte dell'autore in tutto il mondo e dando vita a un enorme merchandising; contemporanee sono B.C. di Johnny Hart (1958), Pogo di Walt Kelly (1943), Il mago Wiz (1964), sempre di Hart. Tutte queste serie saranno caratterizzate da una lunga vita editoriale e da una diffusione in vari paesi del mondo.[24]

Negli anni sessanta la Marvel Comics inizia a pubblicare i Fantastici Quattro, serie supereroica alla quale ne seguiranno molte altre come Spider-Man, Hulk, Iron Man e molti altri.[24]

Negli anni settanta Will Eisner pubblica nel 1978 Contratto con Dio,[24] prima di una serie di graphic novel senza protagonisti fissi che raccontano con crudo realismo la vita di New York.[32]

Negli anni ottanta c'è l'opera di rivisitazione del genere supereroico di Frank Miller con Batman: The Dark Knight Returns del 1986 che ha rivitalizzato il genere.[24]

Negli anni novanta continua la tradizione delle serie a strisce: Dilbert di Scott Adams.[24]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del fumetto italiano e Bande dessinée.

In Francia, J.P. Pinchon crea nel 1905 il personaggio Bécassine, la servetta bretone maldestra ma dal cuore d'oro e pubblicata su La Semaine de Suzette e, nel 1908, esordisce sul settimanale L'Epatant, Les Pieds Nickelés, un gruppo di imbroglioni creati da Louis Forton, che continuerà a disegnarli fino al 1934.[9]

In Italia c'erano stati i cartelloni dei cantastorie ma il fumetto moderno arriva grazie a L'Illustrazione dei Piccoli, edito da Picco e Toselli e il Corriere dei Piccoli (1908) che fa conoscere le serie statunitensi. Il Corriere decise però di omettere le nuvolette, sostituite da didascalie in rima a piè di ogni vignetta e italianizzando i nomi dei personaggi per adattarli a quello che si riteneva essere il target di riferimento, ovvero i bambini. Nel primo numero appare anche il primo personaggio italiano dei fumetti, Bilbolbul di Attilio Mussino, primo autore italiano di fumetti, a cui seguiranno altri come Antonio Rubino, creatore dei personaggi di Pino e Pina (1909), e di Quadratino (1909).[9]

In Italia continua a essere pubblicato con successo il Corriere dei Piccoli sul quale esordiscono personaggi ideati da autori locali come il Signor Bonaventura di Sergio Tofano (1917) o il Marmittone di B. Angoletta (1928). La Casa Editrice Nerbini acquisisce i diritti dei personaggi Disney e fa esordire il settimanale Topolino nel 1933 e L'Avventuroso l'anno successivo che presentava sia storie di importazione americana che di produzione italiana e, nel 1935, il Giornale di Cino e Franco, con le strisce della serie Tim Tyler & Spud Slavin. L'editore Picco e Toselli, oltre all'Illustrazione dei Piccoli fa esordire nel 1915 Donnina, versione italiana della Semaine de Suzette[23] e, nel 1919, L'Intrepido, settimanale per ragazzi che, oltre a racconti e romanzi di avventura, presenta anche fumetti di genere avventuroso.[33][34] Una testata omonima, Intrepido, verrà poi edita per oltre sessant'anni dalla Casa Editrice Universo arrivando a superare i tremila numeri dal 1938 presenta strisce a fumetti di autori italiani e produzioni americane.[35]

L'editore Lotario Vecchi pubblica dal 1934 al 1944 L'Audace[23] che pubblica anche alcune tra le più importanti serie italiane degli anni trenta come Virus, il mago della foresta morta, Dick Fulmine, e altre opere di autori come Rino Albertarelli, Federico Pedrocchi, Walter Molino e Carlo Cossio.[36] Successivamente la testata viene ceduta a Gian Luigi Bonelli[36][37] che lo trasforma in un albo e mette le basi per una fortunata carriera editoriale che porterà alla nascita della Sergio Bonelli Editore.[36][38]

La Mondadori nel secondo dopoguerra rinnova la testata dedicata ai personaggi Disney pubblicando nella nuova testata mensile, Topolino, non solo storie americane in traduzione ma anche di realizzazione italiana dando vita a una scuola italiana della Disney che produrrà storie originali che verranno esportate anche all'estero grazie ad autori come Giovan Battista Carpi, Guido Martina e Romano Scarpa.[24] Nel secondo dopoguerra nasce e fiorisce una produzione a fumetti indirizzato a un pubblico giovanile influenzata dalla moda nordamericana che, da una parte porta alla crisi di pubblicazioni storiche come il Corriere dei Piccoli, e dall'altra porta prima a pubblicare storie americane di importazione e poi prodotte in Italia come Tex Willer di Giovanni Luigi Bonelli, Capitan Miki e Blek Macigno della EsseGesse e poi a seguire una nutrita schiera di personaggi sempre di ambientazione western come Zagor e molti altri, sempre diretti a un pubblico giovane con temi avventurosi. La rivoluzione avverrà con l'avvento nel 1962 di Diabolik delle sorelle Angela e Luciana Giussani che ottiene uno strepitoso successo che darà vita al fenomeno del fumetto nero italiano che col tempo, estremizzando alcuni toni condurrà al fumetto pornografico negli anni settanta e ottanta pubblicato da editori come la Ediperiodici e la Edifumetto.

Durante gli anni sessanta autori come Max Bunker e Magnus daranno vita a serie di successo come Kriminal, Satanik e soprattutto di Alan Ford pubblicati dall'Editoriale Corno. Alla Bonelli negli anni settanta e ottanta si deve la nascita di altre serie di successo come Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, Martin Mystère (1982) di Alfredo Castelli, Dylan Dog di Tiziano Sclavi.[24]

In Belgio nasce e si sviluppa una famosa scuola nota come Bande dessinée, comune in parte con la scuola francese. Fra i principali esponenti ci sono Hergé, autore della serie con Tintin (1929) che raggiunge notorietà mondiale;[23] Peyo nel 1957 creò la serie dei Puffi, André Franquin nel 1946 riprese il personaggio di Spirou che ispirò anche un settimanale.[24]

In Gran Bretagna dagli anni cinquanta il fumetto riesce a raggiungere risultati apprezzabili anche all'estero con una produzione che si differenzia da quella statunitense creando storie per un pubblico adulto di genere avventuroso, bellico, fantascientifico realizzati con realismo e cura per i dettagli con serie come quelle di Matt Dillon, Buck Ryan, Garth, Hawke, Modesty Blaise, Rome Brown, Jack Howk mentre di genere umoristico sono Andy Capp, Bristow e Tommy Wack.[23]

In Francia negli anni sessanta esordiscono serie destinate a un duraturo successo e che verranno pubblicate in tutto il mondo ottenendo poi anche trasposizioni cinematografiche e televisive come Lucky Luke, Asterix e Blueberry. Di genere fantascientifico è l'opera di Philippe Druillet e quella di Moebius, mentre Barbarella (1962) porta alla nascita del fumetto erotico-fantastico.[24]

Lo stesso argomento in dettaglio: Manga, Manhwa e Manhua.

In Giappone i fumetti, indicati col termine manga,[39] a partire dagli anni cinquanta divennero uno dei settori principali nell'industria editoriale giapponese,[40][41][42] con esportazione e traduzioni in tutto il mondo.[43][44][45][46] Le storie a fumetti sono tipicamente serializzate su riviste dedicate, contenenti più storie, ognuna delle quali viene presentata con un singolo capitolo per poi essere ripresa nel numero successivo. Se una serie ha successo, i capitoli possono essere raccolti e ristampati in volumi detti tankōbon.[43] Gli autori di manga, mangaka, lavorano tradizionalmente con assistenti nei loro studi e sono associati con un editore per la pubblicazione delle loro opere.[40] Fra i generi più sfruttati ci sono la fantascienza ma anche quello erotico/pornografico. Fra i capolavori riconosciuti le opere di autori come Hayao Miyazaki che si impone con Nausicaä della Valle del vento o Jirō Taniguchi.[24]

In Corea si parla di Manhwa, mentre in Cina di Manhua.

Fra i principali autori sudamericani ci sono Quino, Mordillo. La produzione sudamericana si afferma dalla metà degli anni sessanta, in particolare grazie ad autori argentini ma anche di altri paesi che però lavorano a Buenos-Aires come l'uruguaiano Alberto Breccia, il cileno Arturo Del Castillo e l'italiano Hugo Pratt. Fra le opere più interessanti si annovera L'Eternauta di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López.[24]

  1. ^ (EN) R. F. Outcault, su lambiek.net. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  2. ^ Su queste pratiche nell'arte medievale si vedano soprattutto gli studi di Danièle Alexandre-Bidon tra cui: La bande dessinée avant la bande dessinée : narration figurée et procédés d'animation des images au Moyen Âge, in Les Origines de la bande dessinée, Actes de la journée du 26 janvier, Angoulême, Musée de la Bande dessinée, Cahiers de la Bande dessinée, n° spécial, 1997, pp. 10-20.
  3. ^ Un caso esemplare è il cosiddetto "fumetto" di San Clemente, sito nella basilica inferiore di San Clemente a Roma, risalente all'XI secolo. Nella leggenda di Sisinno, le parole pronunciate dai personaggi dell'affresco, sebbene non contornate da nuvolette, escono dalle bocche dei personaggi. Un altro caso tipico è quello delle scene dell'Annunciazione, dove l'angelo pronuncia le parole dell'Ave Maria (come ad esempio in quella di Simone Martini).
  4. ^ Anche l'arazzo di Bayeux presenta le caratteristiche di un fumetto ante litteram.
  5. ^ Gianni Brunoro, La carica dei precursori, in IF (Immagini & fumetti), n. 5, p. 20, SBN IT\ICCU\FOG\0141236.
  6. ^ Thierry Groensteen, Il sistema fumetto, Pro Glo Edizioni, Genova, 2012, pag. 17.
  7. ^ Gianfranco Goria, Cento e non più cento, su fumetti.org. URL consultato il 10 marzo 2023.
  8. ^ a b Coulton Waugh The Comics. (Studies in Popular Culture Series), University Press of Mississippi, 1991.
  9. ^ a b c d Antenati: Il fumetto: 1894-1917, su girodivite.it. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  10. ^ Gianfranco Goria, Yellow Kid fu il primo personaggio dei fumetti?, su anonimafumetti.org, 17 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2013).
  11. ^ a b Franco Fossati, Yellow Kid e dintorni in IF n. 5. cit.
  12. ^ Gianni Brunoro, La carica dei precursori in IF n. 5. cit.
  13. ^ Si veda anche Daniele Barbieri, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carocci, 2009, p. 13.
  14. ^ Kunzle Davis, Father of comic strip: Rodolphe Töpffer, University Press of Mississippi, 2007.
  15. ^ T.Groensteen e B.Peeters, Topffer. L'invention de la bande dessiné, Hermann, Paris, 1994.
  16. ^ Anche Scott McCloud ha sostenuto questa tesi nel suo celebre saggio a fumetti Capire il Fumetto: Scott McCloud, Capire il fumetto. L'arte invisibile, Torino, Vittorio Pavesio Production, 1996, p. 25.
  17. ^ A sostenere la tesi che Ally Sloper sia stato il primo fumetto della storia sarà soprattutto l'inglese Denis Gifford del quale si veda fra l'altro The Complete Catalogue of British Comics. Exter, Webb & Bower, 1985.
  18. ^ Alfredo Castelli (a cura di), Histoire de Mr. Lajaunisse, Napoli, Comicon, 2004, ISBN 9788888869049.
  19. ^ Daniele Barbieri, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carocci, 2009, p. 17.
  20. ^ Gianni Brunoro, La carica dei precursori in IF, n. 5, cit., p. 21.
  21. ^ Bill Blackbeard (a cura di), R.F. Outcault's the Yellow Kid: A Centennial Celebration of the Kid Who Started the Comics, Northampton, Kitchen Sink Press, 1995, ISBN 0878163808. Contiene tutte le tavole del personaggio oltre ad un importante saggio del curatore.
  22. ^ Alfredo Castelli (a cura di), L'altro Yellow Kid-L'altro Little Nemo, Napoli, Comicon Edizioni, 2010, SBN IT\ICCU\UBO\3933647. Contiene tutte le tavole dello Yellow Kid realizzate da Luks.
  23. ^ a b c d e f g h i j Antenati: Il fumetto tra le due guerre, su girodivite.it. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  24. ^ a b c d e f g h i j k l m Antenati: Il fumetto nella seconda metà del XX secolo, su girodivite.it. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  25. ^ Gli anni d'oro di Topolino, n. 7, p. 39.
  26. ^ Capitan America, su guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 3 luglio 2017.
  27. ^ Captain America (Steve Rogers), su comicsbox.it. URL consultato il 3 luglio 2017.
  28. ^ Capitan America: l'incarnazione della propaganda antinazista negli Usa, su digitalhistoriansunisa.wordpress.com, 5 aprile 2017. URL consultato l'8 gennaio 2019.
  29. ^ Per researcher Keif Fromm, Alter Ego, n. 49, p. 4 (caption).
  30. ^ (EN) Ron Goulart, Comic Book Culture, Collectors Press, pp. 43, ISBN 978-1-888054-38-5.
  31. ^ (EN) Ben Morse, Thunderstruck, in Wizard, n. 179, settembre 2006.
  32. ^ a b Antenati: Will Eisner, su girodivite.it. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  33. ^ L’Intrepido 1919, su guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 31 maggio 2017.
  34. ^ FFF - Testate, INTREPIDO (1919), su lfb.it. URL consultato il 31 maggio 2017.
  35. ^ L'Intrepido, su guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 30 maggio 2017.
  36. ^ a b c L'Audace, su guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 23 gennaio 2017.
  37. ^ Storia, personaggi e numeri della casa editrice Bonelli, in Il Sole 24 Ore, 7 ottobre 2010. URL consultato il 23 gennaio 2017.
  38. ^ BONELLI: "cinquant'anni di storia del fumetto d'avventura italiano", su ubcfumetti.com. URL consultato il 23 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2020).
  39. ^ Manga, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 4 dicembre 2011.
  40. ^ a b Kinsella 2000.
  41. ^ Schodt 1996.
  42. ^ (EN) Saira Syed, Comic giants battle for readers, su bbc.co.uk, BBC, 18 agosto 2011. URL consultato il 23 gennaio 2015.
  43. ^ a b Gravett 2006, p. 8.
  44. ^ (EN) Wendy Siuyi Wong, Globalizing Manga: From Japan to Hong Kong and Beyond, in Mechademia, vol. 1, 2006, pp. 23-45, DOI:10.1353/mec.0.0060.
  45. ^ Patten 2004.
  46. ^ (EN) Danica Davidson, Manga grows in the heart of Europe, su geekout.blogs.cnn.com, CNN, 26 gennaio 2012. URL consultato il 23 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2021).

Saggi sul fumetto come linguaggio

[modifica | modifica wikitesto]

Opere a carattere generale sulla storia del fumetto

[modifica | modifica wikitesto]

Gianni Bono (a cura di), IF (Immagini & fumetti), n. 1, Firenze, 1994, SBN IT\ICCU\CFI\0287889.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]