Riven - Recensione

Ventisette anni e non sentirli?

Riven - La recensione

Ricordo sinceramente poco di Riven quando lo giocai alla sua uscita nel 1997 subito dopo aver completato Zork Nemesis (che ho sempre preferito). O meglio, ricordo distintamente la frustrazione di molti puzzle in un periodo in cui Internet era agli albori e non c'era modo di andare in cerca di indizi, il senso di spaesamento continuo (dove andare, cosa fare?) e l'assurdità di molte situazioni, ma anche l'atmosfera misteriosa, criptica e onirica, la colonna sonora da urlo e una grafica tra le più fotorealistiche dell'epoca.

Non l'ho mai considerato un capolavoro e lo stesso vale per Myst, ma scommetto che, tra quei 4-5 milioni di giocatori che lo hanno comprato (Myst fece ancora meglio a livello di vendite), solo una parte lo abbia portato a termine, mentre l'altra lo abbia abbandonato molto prima o l'abbia sfruttato giusto come un'esperienza escapistica per immergersi in un mondo fantastico e indecifrabile.

Ci vuole un PC bestiale

Fatto sta che, dopo il remake di Myst di qualche anno fa, Cyan Worlds ripropone questo sequel con le stesse intenzioni, ovvero svecchiare il più possibile il comparto grafico lasciando però quasi immutato tutto il resto. Per ora Riven, in attesa di una futura uscita anche su console, è disponibile solo su PC e in versione VR per Steam VR o Meta Quest 3, a un prezzo di poco più di 30 euro. Non ho potuto provare la versione VR e mi sono quindi dovuto accontentare di quella standard su un PC decisamente corazzato che però, strano a dirsi, non è bastato ad assicurare un'esperienza di gioco ottimale.


Sto parlando di un laptop Lenovo Legion con una GPU RTX 4090 Mobile (che bene o male corrisponde a una RTX 4080 desktop), 2 TB di SSD, 32 GB di RAM e processore Intel Core i9-13900HX. Con questa configurazione top di gamma in ambito laptop, Riven risulta per lo più giocabile optando per una configurazione grafica Alta (con quella Epica il gioco fatica troppo) ma, nonostante diverse prove con impostazioni diverse, ho spesso riscontrato fenomeni di stuttering improvvisi e non giustificati, rallentamenti vari, qualche crash di troppo e caricamenti fin troppo lunghi.

Evidentemente, l'ottimizzazione grafica non è il punto forte del gioco ed è un peccato, considerando che Cyan Worlds, dopo aver utilizzato Unreal Engine 4 per Myst, è passata a Unreal Engine 5 con risultati davvero degni di nota. Il gioco appare infatti nitido e super dettagliato, estremamente fotorealistico e con un colpo d'occhio generale che spesso lascia a bocca aperta. A differenza però dei PNG realizzati in Full Motion Video della versione originale del 1997, Cyan Worlds ha optato per modelli poligonali realizzati ex novo tramite motion capture.

Libertà a 360 gradi

Il risultato non è sempre ottimale tra animazioni un po' impacciate e problemi di lip-sync che rendono i PNG un po' "scollati" dal resto del gioco e non del tutto convincenti. A parte questo elemento un po' sotto tono, Riven nel 2024 è (come lo era ventisette anni fa) un'esperienza visiva perfettamente al passo con i tempi e anche oggi immagino che molti giocheranno questo remake anche solo per immergersi virtualmente in un mondo bellissimo da vedere.


L'altra grande novità rispetto alla versione del 1997, dove ci si spostava tra schermate fisse a suon di click del mouse, è la possibilità di muoversi liberamente nel mondo di gioco come in un classico walking simulator in prima persona. Una differenza che aumenta non solo il grado di immersione e realismo e rende più palpabile il piacere dell'esplorazione, ma che ha impattato anche sul gameplay e quindi sui puzzle.

Come detto in apertura, non ricordo molti dettagli di Riven se non qualche puzzle qua e là che mi aveva tormentato più degli altri, ma la sensazione è che in questo remake Cyan Worlds, sfruttando proprio la totale libertà di movimento, abbia reso certi puzzle meno astrusi semplificando il riconoscimento di alcuni elementi dello scenario, oltre a inserire la possibilità di acquisire delle immagini (al posto delle note a mano con carta e penna) che possono tornare utili in un secondo tempo per risolvere alcuni enigmi.

Anche il posizionamento nell'ambiente di certi oggetti e punti di interazione mi è parso leggermente diverso e più intelligibile, ma ciò non toglie che Riven rimanga oggi come allora uno dei puzzle-game più impegnativi e difficili di sempre (ancor più di Myst considerando il mondo di gioco più grande e la maggior varietà di prove da superare).

Puzzle non per tutti

Gran parte di questa difficoltà deriva dal fatto che il gioco non aiuta minimamente a farvi capire dove andare, quando fare una certa cosa e cosa fare per proseguire. È un lungo e affascinante viaggio in cinque isole durante il quale, seppur lo scopo finale sia evidente (salvare la moglie del protagonista e sfuggire da questo mondo fantastico), si è sempre messi di fronte a una realtà criptica e misteriosa piena zeppa di macchinari, simboli da decifrare, numeri da comprendere, schermi e pattern da interpretare e ricordare e astrusi puzzle basati su colori, suoni e forme.

Il pericolo di mandare tutto al diavolo già dopo mezz'ora c'era nel 1997 e c'è ancora oggi e anche in questa seconda run ho fatto molta fatica ad arrivare alla fine dopo circa 8 ore di gioco. Nel complesso, ho trovato certi puzzle molto ingegnosi e non impossibili, mentre altri devo ancora capirli adesso e altri ancora, pur con tutta la buona volontà, ho dovuto risolverli spulciando qualche walkthrough su YouTube (lo ammetto, vostro onore).

D'altronde, sono sempre stato più un “avventuriero da punta e clicca” che non un puro esperto in risoluzione di puzzle e in quegli anni, rimanendo in ambito Full Motion Video, avevo preferito di gran lunga esperienze come The Pandora Directive, Gabriel Knight 2: The Beast Within, Harvester e Phantasmagoria che non i vari 7th Guest, 11th Hour e i tanti emuli di Myst. Gusti personali, certo, ma in ogni caso rigiocare oggi a Riven è stato per me uno strambo mix di meraviglia, noia, esaltazione e spossatezza esattamente come lo era stato ventisette anni fa.

Se quindi Riven vi aveva fatto venire l'orticaria nel 1997, la nuova veste grafica e qualche piccola facilitazione in più non vi faranno certo cambiare idea oggi, se non per il fatto che, anziché aspettare la soluzione su qualche rivista cartacea o sperando in un passaparola tra amici, oggi è molto più difficile rimanere bloccati per ore (se non per giorni) su un puzzle particolarmente ostico. Cosa buona e giusta? Sta a voi deciderlo.

Verdetto

La prima cosa a cui si pensa di fronte a un remake come questo è se i quasi 30 anni trascorsi dalla versione originale siano stati più o meno clementi. Il Riven del 2024 è, a scanso di equivoci, un puzzle game ancora valido e affascinante per chi ama il genere, con in più un restyling grafico in Unreal Engine 5 che ha svecchiato pesantemente quello del 1997 (peccato solo per un'ottimizzazione da rivedere e per la resa un po' sottotono dei PNG). Personalmente, non mi sono mai esaltato per questo approccio "avventuroso" fin troppo astratto e cervellotico e, allora come oggi, sono arrivato alla fine con una certa fatica, ma è indubbio che l'atmosfera, il senso di mistero e l'impatto visivo rimangano elementi difficili da ignorare.

In questo articolo

Riven

Cyan Worlds
  • Piattaforma

Riven - La recensione

8
Buono
Quella di Riven è un'operazione remake tutto sommato riuscita seppur con qualche perplessità a livello di ottimizzazione grafica e di resa dei PNG. Se però non avete mai sopportato i puzzle della versione originale, non cambierete certo idea oggi.
Riven